Inchiesta necrofori, a Pesaro tutti assolti dall'accusa di peculato dopo 12 anni: «Niente soldi per vestire le salme»

Pesaro, inchiesta necrofori, tutti assolti dall'accusa di peculato dopo 12 anni: «Niente soldi per vestire le salme»
Pesaro, inchiesta necrofori, tutti assolti dall'accusa di peculato dopo 12 anni: «Niente soldi per vestire le salme»
di Luigi Benelli
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Martedì 7 Febbraio 2023, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 8 Febbraio, 07:32

PESARO - Processo necrofori, ieri la sentenza d’appello per il reato di peculato. Un’altra pronuncia dopo oltre 13 anni di indagini, interrogatori e udienze. Per i 6 imputati la Corte d’assise d’appello conferma l’assoluzione piena, perché il fatto non sussiste. Come nel primo grado quando la sentenza fu emessa dal collegio che aveva come presidente il compianto giudice Giuseppe Fanuli.

L’inchiesta era nata nel 2013 dalla guardia di Finanza, dopo due anni di indagini.

Gli imputati sono Antonio Sorrentino, Vincenzo Vastarella, Donatella Giunti, Domenico Pascolo, Francesco Furone, Vladimiro Dedenghi. Tutti assolti. 

Cosa era successo

L’Azienda ospedaliera aveva chiesto il risarcimento dei 26.175 euro incassati ingiustamente e altri 30 mila per il danno arrecato all’ospedale. Per gli imputati l’accusa era di peculato in concorso fra loro. Secondo la tesi della procura avrebbero attuato, come necrofori dell’ospedale San Salvatore, un disegno criminoso per ripartirsi le somme tra loro per la vestizione delle salme dell’obitorio comunale, che indebitamente incassavano dalle imprese di pompe funebri o dai familiari che richiedevano la vestizione. Questo in violazione della convenzione stipulata tra Comune e Azienda San Salvatore. Secondo l’accordo avrebbero dovuto consegnare al richiedente il servizio di vestizione una bolletta che poi il parente del defunto avrebbe dovuto pagare all’ufficio cassa dell’ospedale. Le somme sarebbero state invece ripartite con un danno patrimoniale di circa 26 mila euro per la vestizione di 520 salme. Per Sorrentino l’accusa era anche di aver “promosso e organizzato la cooperazione nel reato”. Già nelle motivazioni di primo grado il collegio parlava della «assoluta insussistenza dell’addebito» per le oltre 900 salme per le quali «il peculato è escluso con inesistente appropriazione del denaro della pubblica amministrazione». Il procuratore generale ieri ha chiesto una nuova istruttoria o una condanna congrua. Ma la corte ha assolto tutti. L’avvocato Marco Vitali parla di «grande soddisfazione per la conferma della sentenza di primo grado redatta dal giudice Fanuli compianto e meraviglioso giurista. Le lacrime di liberazione della Giunti non mi sorprendono data la difficoltà di vivere con un processo così importante». Pia Perricci per Vastarella sottolinea: «Il processo è durato anni di sofferenza per gli imputati che hanno visto stravolta la loro vita, dagli arresti domiciliari alla pubblicità negativa a livello nazionali. E’ la dimostrazione che la giustizia esiste ma anche purtroppo che c’è un’inversione dell’onere della prova dove l’innocenza deve essere dimostrata da colui che si trova sottoposto ingiustamente ad indagini. Sono stati spesi milioni di euro». Infine il legale Giovanni Orciani per Sorrentino: «Questo processo è sintomatico della assoluta necessità di riformare l’istituto delle intercettazioni telefoniche. Si basa solo ed esclusivamente su spunti sforniti di reali riscontri, ricavati da due anni di intercettazioni telefoniche che hanno portato alla creazione di veri e propri castelli in aria, se non a vere e proprie fake news come quella del traffico di pacemaker che hanno sbattuto Pesaro sulle cronache nazionali». Il caso era finito anche sulle Iene.

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