Fa troppo caldo e i cappotti non si vendono: «Facciamo iniziare i saldi il primo marzo»

Fa troppo caldo e i cappotti non si vendono: «Facciamo iniziare i saldi il primo marzo»
Fa troppo caldo e i cappotti non si vendono: «Facciamo iniziare i saldi il primo marzo»
di Miléna Bonaparte
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Domenica 29 Ottobre 2023, 05:10 - Ultimo aggiornamento: 11:34

 PESARO -  Fa troppo caldo e i negozi che cercano di piazzare maglioni di cachemire o piumini simil Moncler maledicono l’ottobrata e la temuta novembrata in arrivo dopo il ponte di Ognissanti. Le nuove tendenze dell’autunno-inverno restano in vetrina, si indossano abiti leggeri con l’impegnativo cambio degli armadi rinviato sine die, mentre la colonnina di mercurio ondeggia tra le massime di 21 e 25 gradi.

La lunga estate e il clima impazzito preoccupano la Confesercenti di Pesaro Urbino perché non si fanno affari, molti stock sono rimasti imballati e venerdì 5 gennaio ci si mettono anche i saldi a penalizzare i negozianti, piegati dalla concorrenza dei market online.

Troppo presto per svendere capi che non hanno avuto il tempo necessario di affrontare pienamente il mercato stagionale. 


Dettaglianti a rischio


Per questo motivo l’associazione di categoria lancia un appello “immediato e straordinario” affinché si spostino al 1º marzo 2024 le liquidazioni solitamente post-natalizie. L’incubo che si prospetta è la chiusura di alcuni punti vendita, sia nei centri storici sia in periferia. La Confesercenti suona l’allarme con una lettera aperta al presidente della Regione Francesco Acquaroli, all’assessore regionale al Commercio Andrea Maria Antonini, ai sindaci e agli assessori alle Attività produttive dei Comuni della provincia. In calce le firme di Alessandro Ligurgo, direttore di Confesercenti Pesaro Urbino, e Davide Ippaso, neo direttore Confesercenti Pesaro. 


«La questione dei saldi troppo anticipati rispetto alle reali esigenze del mercato si fa sempre più problematica per le imprese del territorio - osservano i dirigenti in particolare per i negozi di abbigliamento, calzature e accessori -. La data d’inizio delle vendite di fine stagione fissata per il primo sabato di gennaio contrasta, in maniera evidente, con le temperature quasi estive che ancora persistono. Questo comporta che la maggior parte degli articoli invernali, finora del tutto improponibili, restino in vetrina e negli scaffali non venduti. L’inizio dei saldi, pertanto, non rappresenterebbe un‘opportunità per risollevare i bilanci e smaltire le rimanenze in magazzino, ma sarebbe di fatto un’ulteriore penalizzazione degli operatori, costretti a svendere i capi di stagione proprio quando il freddo è appena arrivato». Non è solo il clima malato a tenere sulle spine Confesercenti: «Alla situazione allarmante delle vendite a picco si aggiungono i problemi cronici della categoria. Da una parte la concorrenza della grande distribuzione, dall’altra quella, ancora più agguerrita, delle mega piattaforme dell’online. Queste ultime realtà possono avvalersi di prezzi competitivi tutto l’anno perché attuano economie di scala, contando su costi ridotti di personale e infrastrutture, e un regime fiscale diverso rispetto a quello imposto ai cosiddetti negozi fisici».


Senza se e senza ma, Ligurgo e Ippaso chiedono agli amministratori locali un intervento “fermo e deciso” per spostare i saldi invernali al 1º marzo. Il rischio è che la stragrande maggioranza delle imprese del commercio tradizionale, soprattutto abbigliamento, calzature e accessori, non avranno un sufficiente lasso di tempo per commercializzare i capi a prezzo pieno. E per molti è davvero serio il pericolo di chiudere i battenti. «Un’eventualità che dobbiamo scongiurare - sottolineano i due dirigenti -, significherebbe perdere una fetta importante della nostra economia, posti di lavoro e imprese per lo più familiari che sono, tra l’altro, presidi di sicurezza e luoghi di socialità in centri storici e quartieri di periferia, oltre che attività di vicinato significative anche in termini di qualità della vita». 


La richiesta di posticipare i saldi di due mesi precede «l’indispensabile revisione delle regole sulle vendite di fine stagione, comprese quelle effettuate online, sulla quale Fismo Confesercenti, il sindacato delle imprese del settore abbigliamento, sta sensibilizzando i politici anche a livello nazionale. Siamo certi che i nostri amministratori prenderanno a cuore questa battaglia e non lasceranno cadere nel vuoto il grido d’allarme che proviene da migliaia di imprese, famiglie e lavoratori del settore». 

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