Ricoveri ortopedici in Emilia Romagna: ecco la voragine della mobilità passiva. In gioco adesso 50 posti letto

Ricoveri ortopedici in Emilia Romagna: ecco la voragine della mobilità passiva nell'analisi dell'università Politecnica
Ricoveri ortopedici in Emilia Romagna: ecco la voragine della mobilità passiva nell'analisi dell'università Politecnica
di Lorenzo Furlani
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Venerdì 5 Agosto 2022, 01:25 - Ultimo aggiornamento: 10 Agosto, 23:08

PESARO - Due dati, riferiti al territorio nel contesto marchigiano, sono sufficienti per descrivere il deficit dell’organizzazione sanitaria della provincia di Pesaro Urbino, che genera la voragine della mobilità passiva ospedaliera, pari a 40 milioni di euro all’anno (media del quinquennio 2017-2021) pagati dalle Marche ad altre Regioni per il ricovero dei pesaresi (il 35% del totale).

 
L’Emilia Romagna, che accoglie la metà dei marchigiani curati in ospedali extra regionali, assorbe il 72% della mobilità passiva ospedaliera della provincia e gli interventi fuori regione di tipo ortopedico traumatologico, che rappresentano mediamente il 25% del totale della mobilità passiva marchigiana, interessano il 59% dei pesaresi ricoverati per questo bisogno di salute e per il 90% vengono eseguiti in Emilia Romagna.

Cormio, eccellenza affossata

Sono queste le ultime elaborazioni, riferite al 2019 preso come riferimento prima della pandemia di Covid-19, consegnate nei giorni scorsi alla Regione dall’università Politecnica delle Marche nell’ambito dello studio sui flussi di mobilità sanitaria extra regionale sviluppato in collaborazione con l’Agenzia regionale sanitaria.

Costituiscono la prova scientifica degli errori di programmazione e di gestione sanitarie compiuti negli ultimi decenni perché negli anni Ottanta e Novanta del Novecento sul territorio operava la scuola di ortopedia del professor Carlo Cormio, direttore del reparto dell’ospedale Santa Croce di Fano, eccellenza marchigiana che attirava pazienti da tutto il Centro Italia (fonte, quindi, di mobilità attiva), con il cui esempio professionale si sono formati sei primari, tra cui Raul Zini che da Fano nel 1999 passò a dirigere l’unità operativa di ortopedia traumatologia dell’azienda ospedaliera San Salvatore, finendo nel decennio successivo nel settore privato.

I fabbisogni di salute

Lo studio è stato commissionato dalla Regione proprio per fondare sulla conoscenza oggettiva dei fabbisogni di salute dei territori la riorganizzazione sanitaria, iniziata con l’approvazione ieri pomeriggio dall’Assemblea legislativa delle Marche della legge regionale che a fine anno cancellerà l’azienda ospedaliera Marche Nord (dopo 12 anni di operatività, in continuità con i 16 anni precedenti dell’azienda San Salvatore), sostituendola dal primo gennaio 2023 con l’azienda sanitaria territoriale di Pesaro Urbino, replicata nelle altre quattro province marchigiane al posto dell’attuale Asur.

Un riassetto che ha già rivisto il modello dell’accentramento dei servizi ospedalieri e sanitari a favore di una maggiore prossimità e che si completerà con l’approvazione, annunciata entro l’anno, del nuovo piano socio sanitario regionale.

In quell’ambito, sarà decisiva la scelta per la destinazione dei 50 posti letto di ortopedia e riabilitazione che 4 anni fa furono congelati dall’ex governatore delle Marche Ceriscioli per una clinica privata da realizzare a Chiaruccia di Fano.

Un passaggio che consentirà di verificare la reale volontà politica della giunta regionale Acquaroli, che più volte si è espressa per il potenziamento della sanità pubblica, a fronte della rivendicazione già avanzata per spostare quei 50 posti letto, fondamentali per contrastare la mobilità passiva concentrata proprio in questa specialità sanitaria, a Carignano di Fano, sempre a favore di interessi privati da convenzionare con la sanità pubblica.

I dati impietosi

I dati dello studio della Politecnica delle Marche sono impietosi nel descrivere il deficit organizzativo della sanità pesarese. I ricoveri in provincia (azienda Marche Nord compresa) di pazienti non marchigiani corrispondono a una media di introito di 6,4 milioni all’anno nel quinquennio 2017-2021, appena il 7% del totale (il dato provinciale più basso salvo quello di Fermo).

Il saldo tra le mobilità ospedaliere attiva e passiva nella provincia di Pesaro Urbino è in perdita di 33,3 milioni di euro all’anno: il dato peggiore che trascina in basso il bilancio delle Marche, per un deficit complessivo di 25,9 milioni annui, rispetto ai dati in rosso anche delle province di Fermo (- 9 milioni) e Macerata (- 4,7 milioni) e ai saldi positivi della provincia di Ancona (+ 9 milioni) e di quella ascolana (+ 12,1 milioni) .

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