Una replica anche alla protesta che si è levata sabato ad Ancona durante la manifestazione di Cgil, Cisl e Uil dal titolo “Salviamo la sanità marchigiana” che ha portato in piazza oltre 2mila persone. Ora, detto che appare quantomeno azzardato asserire che quello delle liste d’attesa non sia un tema - tanto che la stessa Regione ha messo in campo un imponente piano operativo per cercare di abbattere i tempi biblici per ottenere prestazioni quali mammografie e colonscopie - il fatto che siamo regione di riferimento per i Lea non è una gran novità. E non significa automaticamente che non ci sia stato un peggioramento (peraltro quasi inevitabile dopo il biennio nero del Covid, non solo per le Marche).
Cosa vuol dire benchmark
Una regione diventa benchmark quando garantisce, appunto, i servizi per i livelli essenziali di assistenza mantenendo i conti in ordine. Già nell’era Spacca le Marche si potevano fregiare di questa medaglia e nel 2016 e 2017 - quando a Palazzo Raffaello teneva le redini Luca Ceriscioli - addirittura, eravamo i primi in Italia. Poi la flessione nel 2019 (sempre amministrazione Ceriscioli) quando siamo scesi al quarto posto, rimanendo però in ogni caso nella top 5. Ma in generale, quello di essere regione benchmark è un po’ un nostro marchio di fabbrica, e ci mancherebbe che non lo fossimo più. Tuttavia, dopo i due anni di Covid, che si siano allungate le liste di attesa è quasi lapalissiano. E ovviamente il problema non riguarda solo le Marche, ma l’Italia in generale. Le agende sanitarie si sono praticamente bloccate per un biennio: per recuperare serve tempo. L’importante è non sottovalutare il problema. Perché a chi è costretto a rivolgersi al privato perché a chi è costretto a rivolgersi al privato per non dover aspettare un anno per una mammografia, la frase «le liste d’attesa non sono un tema» sa di beffa. Ma l’assessore ha precisato: «Vogliamo migliorare ulteriormente la situazione». E questa è musica per le orecchie dei marchigiani.