Silenzi e dissidi, nel centrodestra si scalda il termometro. Che succede? I casi che dividono la maggioranza di Acquaroli

Francesco Acquaroli e Filippo Saltamartini
Francesco Acquaroli e Filippo Saltamartini
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 30 Giugno 2021, 03:10

ANCONA «Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte, o se non vengo per niente?», si chiedeva Nanni Moretti. A Palazzo Raffaello, si è notata decisamente di più un’assenza al vertice di maggioranza di lunedì: quella di Filippo Saltamartini.

Precisazione: il titolare della Sanità c’era ma poi ha lasciato la riunione anzitempo. Al vertice di maggioranza andato ai tempi supplementari – iniziato lunedì appunto ed aggiornato a ieri – la telecronaca dalla Regione ha registrato qualche scricchiolio nelle fondamenta della coalizione, benché la ripresa pare per ora aver messo una toppa allo strappo registrato nei primi 90 minuti della partita. 


La tela da tessere
Questo va riconosciuto al centrodestra nostrano: per quanto il clima diventi teso – e con due partiti, Lega e Fratelli d’Italia, di peso specifico pressoché equivalente, può capitare –, alla fine si sceglie la via della diplomazia, con il governatore Francesco Acquaroli che spesso viene chiamato ad interpretare il ruolo di paciere tra le anime della sua maggioranza. C’è la consapevolezza che, con questo mandato, ci si gioca il tutto per tutto. Vietato sbagliare. I mal di pancia ed i dissidi devono essere messi da parte, altrimenti il rischio è che quella litigiosità interna che tanto ha fatto male al Partito democratico delle Marche, logori da dentro un centrodestra che in questa regione ha ancora tutto da dimostrare. Per quanto si cerchi di buttare la palla avvelenata nel campo dell’alleato, a stretto giro di posta si trova una sintesi. O almeno, così è stato finora. 


La riunione incriminata
Ma il termometro ha segnato temperature ai limiti dell’incandescente lunedì, quando all’incontro di maggioranza nel quale si sarebbe discusso principalmente di sanità – ed in particolare, della rete ospedaliera con la quale si vuole smantellare l’impostazione dem –, il presidente si è dovuto assentare per impegni istituzionali e, al rientro, non ha trovato il titolare della delega. Momenti di tensione, poi tornati nel canone ieri, con Saltamartini (che, va detto, di impegni ne ha un’infinità in tempo di pandemia) di nuovo presente. Ed è proprio sulla sanità che si avvertono le frizioni più insidiose: a partire dalla scelta del fanese Roberto Grinta – finora in forze all’Av2 – alla guida dell’Area vasta 4, vista da molti come una decisione calata dall’alto e non espressione del territorio. La Lega sosteneva la nomina di Alberto Carelli, contro il parere del suo assessore alla Sanità, ed alcuni consiglieri fermani della maggioranza premevano per Giuseppe Ciarrocchi. Si era creata un’imbarazzante situazione di stallo, da cui si è usciti con questo nome un po’ inatteso – peraltro, era anche nella terna pensata dalla giunta Ceriscioli per l’Av di Ancona – e che ha creato qualche malumore. Esponenti di FdI fanno notare che i contrasti sono stati tutti interni alla Lega. Gli alleati del Carroccio sottolineano invece come non ci sia identità di vedute sulla sanità tra le fila del partito di Giorgia Meloni. Un gioco di specchi, insomma, in cui si innestano le “incursioni” del capogruppo di Fdi Carlo Ciccioli, che tengono in tensione lo schieramento. L’incidente diplomatico dei medici di Torrette portati a colloquio da Acquaroli senza invitare Saltamartini è stato liquidato come un malinteso, ma qualche strascico lo ha lasciato. Senza dimenticare poi il caso dell’astensione della Lega, in Senato, sulla nomina di Matteo Africano per il porto. Come diceva Agatha Christie: un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, tre indizi fanno una prova.

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