Il Pd delle Marche si lecca le ferite dopo le batoste, ma i big insistono: «Commissariamento»

Il Pd delle Marche si lecca le ferite dopo le batoste, ma i big insistono: «Commissariamento»
Il Pd delle Marche si lecca le ferite dopo le batoste, ma i big insistono: «Commissariamento»
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 7 Ottobre 2020, 08:53

ANCONA-  Il messaggio è arrivato, forte e chiaro. Nel day after della cocente sconfitta a Senigallia - con il candidato sindaco Volpini che ha annunciato di non voler rimanere in Consiglio - il Pd fa mea culpa ed abbozza una prima autoanalisi dopo giorni di quasi assoluto silenzio.

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I pesi massimi di diverse correnti del partito chiedono un rinnovamento radicale dei vertici e qualcuno arriva a proporre il commissarimento, come anticipato dal Corriere Adriatico.
 
Per oggi è stata convocata la segreteria regionale, durante la quale il numero uno dei dem marchigiani, Giovanni Gostoli proporrà l’apertura di una fase costituente per capire da cosa deriva la sconfitta e dove si sia sbagliato negli ultimi anni, così da arrivare nelle giuste condizioni ad un nuovo congresso. Ma c’è chi spinge per un cambio di passo meno soft, avanzando l’ipotesi di una tabula rasa immediata della classe dirigente e, quindi, di un commissariamento. È il caso del presidente del consiglio regionale uscente e più votato nella provincia dorica, Antonio Mastrovincenzo, secondo cui, «va avviato da subito un percorso di totale rigenerazione che parta dalle dimissioni dei responsabili regionali e provinciali e dall’azzeramento degli organismi dirigenti attraverso il commissariamento. Questo consentirà l’avvio di una profonda riflessione, aperta a tutto coloro che vogliono dare un contributo. È indispensabile una nuova fase, senza riposizionamenti tattici». Una necessità impellente di cambiare passo condivisa anche dalla sottosegretaria al Mise Alessia Morani, esponente dell’area Base riformista, che ha sottolineato come a mancare sia stata, fondamentalmente, «la disponibilità all’ascolto. Si è preferito derubricare lo scontento della gente a “percezione” senza capire invece che a quella domanda di buona politica non si è voluto prestare attenzione. È una batosta storica. Dobbiamo ripartire, perciò, riconoscendo i nostri errori, senza tentativi di rimozione di ciò che è accaduto e senza rimozione delle responsabilità. Ora è necessario mettere in campo un nuovo gruppo dirigente, persone capaci di immaginare un nuovo modello di sviluppo per le Marche. Con umiltà». Sulla debacle targata Marche è intervenuta anche la deputata Laura Boldrini, per la quale la sconfitta «non può essere archiviata come un incidente di percorso. Il Pd e le altre forze progressiste della regione devono aprire una riflessione senza remore sui limiti e gli errori che hanno portato a questo risultato così negativo. Solo così si può rilanciare la prospettiva di un’alternativa alla destra che oggi governa la nostra Regione». Ed anche un’altra maceratese di peso come Irene Manzi sostiene che «di fronte a simili risultati, le dimissioni sono indispensabili, ed il cambiamento radicale e senza finzioni. È il momento di scelte chiare, coraggiose, anche di un commissariamento se necessario a spingere più in là il nostro partito. Da troppo tempo stiamo rinviando una seria autocritica sulle scelte fatte». Posizione in parte diversa quella della presidente dell’assemblea regionale dem Silvana Amati, contraria al commissariamento da Roma: «un rinnovamento ed un’analisi profonda vanno fatti e serve un ricambio generazionale portato avanti da persone competenti, ma il partito delle Marche ha le capacità di fare da solo una seria autoanalisi. Il commissariamento serve per ben altre questioni». Allargando il perimetro al di fuori di casa Dem, Gianluca Busilacchi – per anni esponente del Pd, poi passato ad Articolo 1 – ha parlato di una necessità di rinnovamento, non solo del partito di maggioranza, ma dell’intera coalizione di centrosinistra: «è il tempo di dire basta al ceto politico e alle logiche burocratiche, che fanno percepire il centrosinistra come ancorato alla conservazione del potere più che agli interessi dei cittadini più svantaggiati, e affidarsi a una nuova generazione, ma soprattutto comprendere che i partiti debbono aprirsi alla società, contaminarsi con essa e valorizzarne le migliori risorse».

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