Rosina uccisa la vigilia di Natale, il pm chiede l'ergastolo per marito, figlia e nipote: ​«La mente è stata Arianna»

Rosina uccisa nella villetta, il pm chiede tre ergastoli. La Procura: «La mente è stata Arianna»
Rosina uccisa nella villetta, il pm chiede tre ergastoli. La Procura: ​«La mente è stata Arianna»
di Benedetta Lombo
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Venerdì 2 Dicembre 2022, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 16:35

MONTECASSIANO - Tre ergastoli per marito, figlia e nipote per l’omicidio della 78enne Rosina Carsetti. Ieri il pubblico ministero Vincenzo Carusi ha presentato il conto chiedendo alla Corte d’Assise che i tre imputati Enrico Orazi, Arianna Orazi ed Enea Carsetti venissero condannati all’ergastolo (con isolamento diurno per 18 mesi per Arianna, 10 mesi per Enea e 6 mesi per Enrico) per i reati contestati a vario titolo: omicidio (in cui è confluito il reato di maltrattamenti), simulazione di reato, violenza privata riqualificata in rapina e induzione a non rendere dichiarazioni.
 

Chiesta l’assoluzione per i reati di rapina, estorsione e concorso in furto (dei guanti). La richiesta delle condanne è stata anticipata da un’ampia premessa: «Bisogna che la pena tenda alla rieducazione del condannato, ma non riscontrando attenuanti di sorta per nessuno dei tre imputati, nessuno ci ha aiutati né all’inizio, né durante, né alla fine e pur avendo avuto una condotta processuale impeccabile ma inutile a scoprire come sono andate le cose, sono costretto a chiedere l’ergastolo per tutti e tre». Per la morte di Rosina avvenuta a Montecassiano nel tardo pomeriggio della vigilia di Natale 2020 per «asfissia acuta causata da attività di strozzamento», il pm ha ricostruito le singole responsabilità: madre e figlio avrebbero premeditato il delitto, lo testimoniano il messaggio di Arianna ad Enea su Instagram in cui gli scrive di aver preparato un piano per poi chiedergli subito dopo se su quel social network si potevano cancellare i messaggi e le intercettazioni del giorno dopo il delitto in cui si sente Arianna dire al figlio: «Ci siamo detti sempre fino alla morte», «Abbiamo sempre detto che l’anello debole era Enrichetto». 

Il pm Carusi ha evidenziato: «Non avevamo telecamere all’interno della casa, possiamo ipotizzare che il piano ci fosse e che Simonetti l’abbia realizzato in un momento in cui nemmeno la mamma potesse immaginare prendendola alla sprovvista». Per l’accusa a strozzare Rosina sarebbe stato Enea, sicuramente dopo le 16.51 perché a quell’ora Rosina aveva chiamato dal fisso un’amica, probabilmente prima delle 18 perché tra le 17 e prima delle 18 tre amiche di Rosina erano passate per farle gli auguri di Natale e nonostante le plurime chiamate né lei né i parenti si erano affacciati (per via dei lavori in corso non c’era il citofono). A inchiodare Enea sarebbero le intercettazioni registrate la mattina del 25 dicembre, poche ore dopo il delitto dopo che aveva in parte ritrattato smentendo mamma e nonno e dicendo che la storia del ladro non era vera e che c’era stato un litigio in casa. 

Quando la madre l’ha scoperto avrebbe cercato di convincerlo a ritrattare e per fare questo lo avrebbe incastrato: «Qua andiamo in galera», «Quando le fa l’autopsia e vede che è stata strozzata, chi l’ha strozzata, io?», «Adesso ritratti tutto», «Una volta che c’ha l’autopsia, che vedono che qualcuno l’ha strozzata, chi l’ha strozzata Enè? Uno che pesa 70 chili (il nonno)? Io? Enea, non dire mai quello che hai fatto, mai!», «Non dire che è stato un incidente, un incidente è se casca dalle scale, ma se la strozzi che incidente è?». Sull’alibi Enea aveva cambiato più volte versione (prima era andato a vedere case in costruzione a Macerata, la vigilia di Natale, in pieno lockdown, in un periodo in cui non avrebbero potuto permettersi l’acquisto di una casa, poi aveva cercato uno spacciatore per poter dire che era rimasto fermo nel parcheggio del supermercato per drogarsi, poi che era andato a Macerata a vedere annunci di case in vendita). «Già il fatto che l’alibi sia stato modificato nel corso del tempo – ha continuato il pm - la dice lunga sulla sua verosimiglianza».

Per il pm Arianna Orazi ha «contribuito alla fine della madre e l’ha premeditata.

Era un piano che prevedeva il sacrificio di Enrico ed è stato il primo ad essere sacrificato. Non abbiamo prove del suo coinvolgimento anticipato ma fu direttamente coinvolto in questa attività di sfinimento psicologico della vittima che per inciso era sua moglie, mettendoci del suo. Il suo fare remissivo rispetto a quello che hanno fatto gli altri due ha costituito il semaforo verde». Sul movente il pm ha escluso che fosse economico: «L’atto finale è stato commesso nell’occasione di un ennesimo atto di sopraffazione. La Carsetti era orgogliosa, si mostrava combattiva anche se aveva paura». Poi la parola è passata alle difese: gli avvocati Valentina Romagnoli, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli. I legali hanno chiesto l’assoluzione dei loro assistiti, affermando che manca il movimento del delitto e che la premeditazione non è provata. La sentenza è attesa per il 15 dicembre.

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