Tentato omicidio del futuro papà della figlia, l'operaio con l'ascia: «Nessuna intenzione di ucciderlo. Volevo soltanto dei chiarimenti»

L'ascia sequestrata
L'ascia sequestrata
di Benedetta Lombo
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Venerdì 19 Novembre 2021, 05:35

CORRIDONIA - Arrestato per il tentato omicidio dell’uomo che avrebbe messo incinta la figlia, il 49enne si difende: «Se avessi voluto farlo lo avrei fatto qualche giorno prima quando è venuto a casa mia. Non avevo nessuna intenzione di ucciderlo, volevo solo dei chiarimenti». L’operaio macedone arrestato martedì pomeriggio dai carabinieri della stazione di Corridonia per stalking e tentato omicidio ieri ha dato la propria versione dei fatti al giudice per le indagini preliminari Claudio Bonifazi. 

 
Nel corso dell’udienza di convalida, difeso dall’avvocato Giorgio Marchetti, l’uomo ha ripercorso la vicenda partendo dai giorni precedenti l’arresto: ha così spiegato di aver saputo qualche giorno prima di martedì che la figlia 19enne era incinta.

Glielo aveva riferito la moglie con la quale la figlia si era confidata e a lei aveva detto anche chi era il padre del piccolo che aveva in grembo: un operaio albanese, già padre e di molti anni più grande di lei, amico di famiglia almeno da un ventennio e che spesso frequentava la loro casa. Il macedone, quindi, messo al corrente dell’accaduto avrebbe contattato l’albanese e, secondo quanto riferito ieri in aula, l’albanese prima avrebbe ammesso i fatti assicurando che si sarebbe assunto le proprie responsabilità nei confronti della 19enne, poi però avrebbe fatto dietrofront sostenendo di non essere lui il padre del nascituro. Di lì la richiesta di chiarimenti.

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A detta del macedone i due si sarebbero dati appuntamento martedì pomeriggio in via Lorenzo Lotto dove c’è la sede dell’azienda in cui l’albanese lavora. Quando i carabinieri sono arrivati in auto gli hanno trovato un’ascia che aveva comprato poche ore prima, ma quello per lui era solo un attrezzo da lavoro. «Faccio l’escavatorista», avrebbe precisato al giudice aggiungendo che nel portabagagli dell’auto aveva molto di più: una motosega, chiavi inglesi e un’ascia più piccola, tutti attrezzi che lui usava per lavorare non per uccidere. 
Nel corso dell’udienza di convalida il 49enne ha spiegato anche altre due circostanze. Prima dell’arresto la figlia avrebbe sentito che i familiari volevano portarla in Macedonia e lei temeva che fosse per punirla, il 49enne ha invece spiegato che stavano verificando se si potesse abortire perché in Italia ormai la ragazza era fuori tempo massimo, in Macedonia no e l’intervento aveva un costo di 5.000 euro. L’uomo però al giudice ha detto di essere contrario all’aborto e che non avrebbe voluto che la figlia lo facesse. La seconda circostanza riguarda invece la sua presunta volontà di uccidere l’albanese perché imposto dalla sua tradizione. Il macedone ha negato fortemente questa circostanza, parlando di malinteso: avrebbe detto che se un fatto simile fosse successo in Bosnia l’albanese sarebbe morto, ma in Macedonia non è così. 

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Dopo aver sentito la ricostruzione del 49enne il Gip ha convalidato l’arresto, il difensore ha chiesto la modifica della misura cautelare in quella meno afflittiva degli arresti domiciliari ma il giudice Bonifazi ha confermato il carcere. «Ci riserviamo il ricorso al Riesame», ha anticipato l’avvocato Marchetti a margine dell’udienza.

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