Il racconto del capitano Dell'Avvocato: «Avevo 14 anni quando ci fu la sparatoria. Beni morì davanti agli occhi di mio padre»

Il capitano Serafino Dell'Avvocato
Il capitano Serafino Dell'Avvocato
di Emanuele Pagnanini
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Lunedì 17 Maggio 2021, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 9 Marzo, 00:47

CIVITANOVA - È passata alla storia come “La battaglia delle Marche”: esattamente 44 anni fa, a Porto San Giorgio e Civitanova, in tre distinti conflitti a fuoco, persero la vita due carabinieri e quattro componenti del famigerato clan dei catanesi. Altri due malviventi furono arrestati. Sgominata quella piccola ma feroce cellula dell’organizzazione criminale, anche se ad un prezzo altissimo. 

 
Le due città, come ogni anno, ricordano l’appuntato Alfredo Beni e il maresciallo Sergio Piermanni, caduti nell’esercizio del loro dovere. Qualche giorno fa il generale Rosario Aiosa, all’epoca dei fatti comandante della Compagnia di Fermo, in occasione di un consiglio comunale in streaming a Civitanova per la cittadinanza al Milite Ignoto, ha ripercorso ogni attimo di quella vicenda che ha vissuto in prima persona. Lo ha fatto con le lacrime agli occhi. «Proprio come faceva mio padre. Non riusciva a parlare di quella storia senza commuoversi»: sono parole del capitano Serafino Dell’Avvocato, da qualche mese alla guida del Norm della compagnia carabinieri di Macerata. Nel 1977 aveva 14 anni e suo padre Giovanni era nel Nucleo operativo di Fermo. «Ricordo che quella notte mio padre rientrò a casa ma uscì subito dopo in fretta e furia. La mattina seguente, quella del 18 maggio, andai a scuola. E rividi mio padre solo la sera. Fu lui a raccontarmi quello che era successo. Era sotto choc. Quella notte perse un grande amico». L’appuntato Alfredo Beni era un coetaneo di Giovanni Dell’Avvocato, entrambi classe 1931, uno al Radiomobile, l’altro al Nucleo operativo. «Lavoravano sempre a braccetto – ricorda il capitano –. Radiomobile, Centrale e Nucleo operativo sono le tre anime del Norm. Quella sera, davanti al ristorante Il Caminetto, erano schierati a mezzaluna con i colleghi, mio padre in borghese, Beni in divisa, uno di fianco all’altro. Il controllo nacque dopo che il comandante Aiosa notò una Volvo sospetta, un’auto nuova ma con targa vecchissima. I malviventi uscirono con le pistole in pugno sparando verso i militari in divisa. Beni fu colpito al cuore, morì subito senza avere tempo di far nulla. Mio padre rispose al fuoco mentre si avvicinava all’amico a terra per soccorrerlo. Furono attimi concitati. Il capitano Aiosa era all’inseguimento di altri due malviventi, fu colpito ma riuscì a colpire mortalmente uno dei fuggitivi. Altri tre si spostarono a Civitanova con un’auto rubata con l’intento di prendere il treno in stazione. Ci fu un altro conflitto a fuoco dove morì il maresciallo Piermanni. Mio padre mi ha sin da subito raccontato i fatti. Era un carabiniere d’altri tempi, con la divisa cucita addosso, la indossava in ogni occasione che poteva».
«L’aveva anche quando mi accompagnò a Velletri in occasione del mio arruolamento nell’Arma - prosegue il capitano Dell’Avvocato -. È venuto a mancare 9 anni fa.

Si congedò come vicebrigadiere. Nel 2012 è stato insignito dal Presidente della Repubblica dell’onorificenza di Cavaliere della Repubblica. Ma la malattia non gli ha dato il tempo di riceverla. Andammo io e mia madre a ritirarla in prefettura».

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