PORTO SAN GIORGIO - Quel dosso rallentatore è davvero pericoloso? Torna a chiederselo la magistratura che tiene aperta l’indagine sulla tragica fine di Ciro Matrullo, il 23enne morto nel maggio di tre anni fa, quando giovani e famiglie uscivano dall’incubo del lockdown.
Il giovane quella sera (mancavano pochi minuti alle 20), percorreva via XX Settembre in direzione sud, quando perse il controllo della moto all’altezza del dosso finito sotto accusa, per poi centrare un palo della segnaletica stradale. Un impatto al torace rivelatosi fatale. La famiglia si era costituita in giudizio, affidandosi all’avvocato Andrea Agostini. Nel mirino la mancanza di autorizzazioni per un rallentatore con struttura diversa dalla legge, visto che anche alcuni testimoni avevano detto che sarebbe stato decisivo per la perdita di controllo della moto. Dopo una prima archiviazione, impugnata dal legale, e una seconda richiesta di archiviazione formulata dal pm, il gip di Fermo aveva disposto l’imputazione coatta dei responsabili per il reato di omicidio stradale con la denuncia presentata in Comune. A prendere in esame il caso prima la giudice Maria Grazia Leopardi e quindi Teresina Pepe. Lungo la strada è presente un limite di velocità di 40 km/h con il dosso rallentatore che è alto 15 centimetri, almeno 10 in più, secondo quanto sostiene la parte civile, rispetto a quanto prevede la legge. Sono contestazioni giuste o alla base del tragico incidente c’è l’eccessiva velocità? A rispondere dovrà ora essere la Procura di Fermo alla quale è giunto l’atto firmato dal gip Pepe perché il pubblico ministero compia gli accertamenti necessari sulla regolarità del dosso. Una perizia che dovrà essere compiuta entro 4 mesi.
I tempi
La richiesta dopo i primi accertamenti sul dosso stesso, installato circa 20 anni fa, al termine dei quali non è stato possibile risalire a chi l’abbia autorizzato.