La posizione
Besmir, sul quale non sono mai state emesse misure cautelari malgrado il rinvio a giudizio per il delitto, al momento ha fatto ritorno nel suo Paese d’origine. A difenderlo gli avvocati Marco Tomassini e Giovanni Lanciotti. «Oggi la procedura non prevede più il rito abbreviato per reati punibili con l’ergastolo – commenta quest’ultimo legale –: avremmo chiesto in ogni caso il rito ordinario. L’assistito si è sempre dichiarato estraneo. I sospetti a suo carico sono incentrati sul fatto che lui e la vittima abbiano avuto contatti la sera prima dell’omicidio, ma Besmir ha sempre sostenuto si sia trattato di un colloquio amichevole e di non avere ragioni per commettere il delitto».
Il rinvio a giudizio
Lo scorso settembre, il gup del tribunale di Fermo aveva rinviato a giudizio l’albanese ed ammesso la costituzione di parte civile dei genitori della vittima, del figlio e dell’ex compagna di Radu. Sulla tragica fine di Mihaita si è indagato a tutto campo, per fare chiarezza su un delitto apparso nelle prime fasi come inspiegabile. Quando un passante diede l’allarme, quella mattina di febbraio, vedendo un corpo esanime a lato della strada, il 31enne era già morto da alcune ore. La modesta quantità di sangue intorno al corpo, nonostante le numerose coltellate alle spalle, ha fatto subito pensare che il corpo fosse stato scaricato nelle campagne di Porto Sant’Elpidio dopo un’aggressione avvenuta altrove. Ben trenta, i segni dei fendenti con un’arma da taglio, rilevati sulla salma del giovane.
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