Spalancate le finestre al Savoia, fate entrare un po’ d’aria fresca

Spalancate le finestre al Savoia, fate entrare un po’ d’aria fresca

di Lorenzo Sconocchini
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Martedì 12 Marzo 2024, 02:25

Che brutta impressione, leggere quel cartello («Vietato affacciarsi») sulle finestre del liceo Savoia di Ancona. Ha lasciato sgomenti noi, semplici spettatori e testimoni del nostro tempo, figurarsi cosa smuoverà nello stomaco di Fabio - chiamiamolo così, con un nome inventato - lo studente di 14 anni che il 17 febbraio scorso una di quelle finestre l’aveva aperta, s’era affacciato ed era volato di sotto, con un balzo di 10 metri. Era accaduto poco dopo che la prof di matematica gli aveva annunciato un pessimo voto (“2”) e una nota didattica, trovandolo impreparato a pochi giorni dal ritorno da una settimana bianca con la famiglia. Adesso lo studente, iscritto alla prima classe, è ancora convalescente, ma per fortuna, grazie all’atterraggio morbido su un terrapieno, ha limitato le conseguenze di quel volo e potrà tornare a frequentare il suo liceo scientifico.

E allora vedrà quei cartelli incollati sul vetro delle finestre (uno addirittura sull’anta di un armadietto, come a scongiurare che qualcuno si lanci all’interno) che mettono in guardia gli studenti, quasi che il volo del 17 febbraio sia stato un semplice incidente, legato alla scarsa sicurezza degli infissi. Ricorda molto, quell’avviso, i cartelli di “Attenti al cane” che si mettono al cancello per evitare che poi si debbano ripagare i pantaloni strappati al postino azzannato da un morso alle natiche di un bulldog messo a guardia della dimora. O certi segnali di pericolo per l’attraversamento di animali selvatici che ormai gli enti gestori delle strade piazzano dappertutto, per limitare i risarcimenti in caso di danni provocati dai cinghiali alle auto in transito.

Insomma, fredda burocrazia protettiva e auto-referenziale. La stessa inanimata e formale pedanteria che pervadeva - guarda caso - il comunicato con cui l’istituto Savoia Benincasa (impersonalmente, senza metterci una firma o una faccia) si affrettava a precisare - all’indomani di quel drammatico volo, quando ancora lo studente era in prognosi riservata - che nel registro elettronico non era stato annotato alcun 2 (per forza, la prof aveva avuto appena il tempo di finire la lezione) e che «pertanto non si può evincere alcuna connessione causa-effetto».

Parole senza nessuna empatia o partecipazione emotiva al dramma di quello studente, che tradivano solo una sbrigativa voglia di chiudere il caso in termini auto-assolutori, prima ancora che l’inchiesta della Procura iniziasse il suo compito di accertamento e che arrivassero gli ispettori inviati, pochi giorni dopo, dal ministro Valditara. Adesso ci tocca leggere quei cartelli, «vietato affacciarsi», «vietato scavalcare», su carta intestata dell’istituto, il cui unico effetto possibile sembra quello di risvegliare cattivi ricordi nei ragazzi, che tre settimane fa hanno visto lanciarsi il loro compagno o l’hanno scorto a terra inanimato, mentre i sanitari lo soccorrevano. E hanno preoccupato i genitori, come se quelle finestre fossero insicure. Mamme e papà che certo avrebbero preferito - a quegli avvisi di pericolo - qualche ora in più dell’assistenza psicologica promessa ai figli dopo l’episodio del 17 febbraio, che li aveva scossi. Prima che Fabio torni a scuola, e legga quei cartelli, c’è solo da sperare che qualche suo compagno spalanchi quelle finestre e - in tutta sicurezza, tenendosi lontano dal baratro - faccia entrare un po’ di aria fresca in una scuola che, quando cerca solo di proteggere se stessa, fa addensare nei suoi ambienti un insopportabile tanfo di stantio.
 

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