Un'azienda artigiana

Una sfida dall’esito per nulla scontato

di Donato Iacobucci
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Giovedì 6 Maggio 2021, 15:45

Se si confronta il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) consegnato alla Commissione UE dal governo Draghi nei giorni scorsi con quello elaborato a gennaio dal Governo Conte non emergono sostanziali differenze nell’allocazione delle risorse ai diversi capitoli di spesa.

Oltre al totale (222 miliardi) sono rimati invariati i capitoli di spesa, anche se tra essi è stato operato qualche significativo aggiustamento. Aumentano di 3 miliardi (da 46,2 a 49,2) le risorse destinate alla digitalizzazione, in particolare quelle per l’innovazione e la competitività del sistema produttivo. In aumento anche le risorse destinate alla ricerca e all’istruzione (da 28,5 a 31,9 miliardi). A fronte di tali aumenti diminuiscono in modo significativo le risorse destinate al capitolo inclusione e coesione che passa da 27,6 a 22,4 miliardi. La riduzione riguarda in larga misura le politiche per il lavoro che dimezzano le risorse da 12,6 a 6,7 miliardi.

Sembra evidente l’intenzione del nuovo governo di porre l’accento sulla capacità di innovazione e di crescita a lungo termine del sistema produttivo piuttosto che sulle azioni di sostegno al reddito di breve termine. Nel complesso l’impianto rimane invariato anche perché le scelte principali sono soggette ai vincoli imposti dalla Commissione UE. Questi aggiustamenti sono significativi ma non decisivi. La ripartizione delle risorse fra i diversi capitoli di spesa è rilevante ma è a tutti evidente che la vera sfida sarà nella effettiva capacità di spendere le risorse e di spenderle in modo efficace. I dubbi della Commissione su questo versante non sono del tutto infondati. Diverse indagini condotte sull’efficacia dei fondi strutturali UE spesi nelle precedenti programmazioni hanno dimostrato che le regioni italiane sono quelle nelle quali si sono avuti i minori effetti in termini di crescita e occupazione.

E questo vale in particolare per le regioni del mezzogiorno, alle quali andrà il 40% dei fondi del PNRR. La sfida non è solo quella di riuscire a spendere le risorse nei tempi previsti ma spenderli in modo da determinare un effetto significativo sulla produttività del sistema e, di conseguenza, un significativo incremento della capacità di crescita a lungo termine.

E’ importante ribadire, infatti, che i 222 miliardi del PNRR non faranno di per sé la differenza se da essi non saremo capaci di generare effetti a più lungo termine.

Malgrado l’enfasi che viene continuamente posta sul PNRR, nella relazione di accompagnamento viene ricordato che alla fine dell’orizzonte temporale del piano (2026) il PIL italiano sarà di 3,6 punti percentuali più alto rispetto allo scenario base (cioè senza piano). Il piano, cioè, dovrebbe consentirci una crescita più elevata del PIL dello 0,6% all’anno. Un incremento significativo se consideriamo i tassi di crescita dell’ultimo decennio ma non certo tale da determinare una rivoluzione rispetto all’attuale situazione.

Proprio in funzione degli obiettivi di crescita a lungo termine, nella presentazione del PNRR il Presidente del consiglio Mario Draghi ha insistito sulla rilevanza delle riforme strutturali necessarie a conseguire gli obiettivi previsti. Gli ambiti su cui si intende agire sono i soliti: giustizia, pubblica amministrazione, concorrenza. Riforme difficili e per nulla scontate. Sulla carta tutti sono d’accordo a ridurre i tempi della giustizia, rendere più efficiente la pubblica amministrazione e favorire la concorrenza.

Nei fatti ognuna di queste riforme comporta l’eliminazione di privilegi e posizioni di rendita; i cui detentori sono ben individuati e proprio per questo capaci di organizzarsi e far pressione per proteggere le loro posizioni. I beneficiari delle riforme sono maggiori in termini di numero (in qualche caso tutti i cittadini) ma proprio per questo incapaci di una specifica attività di lobby. I loro interessi dovrebbero essere difesi dai partiti che però hanno fin qui dimostrato di privilegiare gli interessi di specifiche categorie. La vera scommessa dei prossimi anni non sarà solo quella di spendere bene le risorse del PNRR quanto quella di attuare le riforme necessarie a efficace quella spesa. Una scommessa dall’esito per nulla scontato.

* Docente di Economia alla Università Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni

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