Plastica, un rifiuto che ha invaso il nostro mare

Lo stato dell’ambiente in Europa sta peggiorando rapidamente (e da noi non va meglio)

di Roberto Danovaro
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Sabato 26 Febbraio 2022, 23:37 - Ultimo aggiornamento: 28 Febbraio, 16:41

I rapporti pubblicati periodicamente dall’Agenzia europea dell’ambiente non sono per nulla incoraggianti. Nel complesso in Europa non sono migliorate le condizioni dell’ambiente negli ultimi 5 anni. La valutazione dell’agenzia ha evidenziato che la maggior parte degli obiettivi per il 2020 non è stata raggiunta. L’Europa ha compiuto importanti progressi per quanto riguarda l’efficienza delle risorse e l’economia circolare. Tuttavia, stiamo assistendo a un rallentamento della marcia in alcune aree tematiche importanti quali la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, le emissioni industriali, la produzione di rifiuti, il miglioramento dell’efficienza energetica e la percentuale di energia rinnovabile. In prospettiva, se continuiamo all’attuale velocità di cambiamento non saremo in grado di conseguire gli obiettivi energetici e climatici previsti per il 2030 e il 2050. Tra i principali obiettivi mancati emerge la scarsa difesa della biodiversità. Le aree protette terrestri e marine sono ancora al palo e, ancor peggio, non riescono ad essere efficaci le misure a tutela della difesa degli habitat rete natura 2000, quelli più importanti e prioritari perché contengono le specie più vulnerabili. Dei 13 obiettivi strategici fissati in questo settore, solo due hanno buone probabilità di essere raggiunti entro il 2030: la designazione di area marine e terrestri protette. Tuttavia, se continueranno le attuali tendenze al degrado ambientale, peggioreranno la qualità dell’acqua e del suolo, che appaiono sempre più inquinati. I cambiamenti climatici stanno mostrando effetti sempre più evidenti e peggiora anche il livello dell’inquinamento atmosferico e acustico che sono sempre più legati a un peggioramento della salute umana. In Europa, l’aria sempre più inquinata da polveri sottili è responsabile di circa 400 000 decessi prematuri ogni anno. Vi è inoltre una crescente preoccupazione per le sostanze chimiche pericolose e i rischi che ne derivano. Non si tratta di essere ottimisti o pessimisti, con ogni probabilità, dati alla mano, l’Europa non riuscirà a centrare gli obiettivi fissati. Serve un cambio di passo per affrontare l’allarmante perdita di biodiversità, l’impatto sempre più forte dei cambiamenti climatici e l’eccessivo sfruttamento delle risorse naturali. L’Europa si trova di fronte a urgenti sfide ambientali senza precedenti e ognuno deve fare la sua parte, Italia inclusa.

Il Green Deal europeo va in questa direzione e dovrebbe rappresentare un segnale di impegno e di speranza per il raggiungimento degli obiettivi di tutela ambientale. I fondi del PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e resilienza, servirebbero proprio per fare questo salto di qualità. Ma i cittadini italiani e europei sono sensibili e consapevoli del problema? La risposta sembra essere chiara: lo sono. Un sondaggio promosso da Wwf e Plastic free foundation rileva che circa il 90% delle persone intervistate in 28 paesi (Italia inclusa) ritiene necessario un Trattato globale sulla plastica per combattere l’inquinamento. L’85% desidera una riduzione degli imballaggi in plastica. Se estendessimo il sondaggio a chi vorrebbe difendere di più e meglio la natura i risultati sarebbero grossomodo equivalenti. La politica è da sempre molto sensibile ai sondaggi e nei programmi elettorali le tematiche ambientali spesso capeggiano (basti pensare al problema dei rifiuti in alcune grandi città di cui la plastica è una delle componenti più rilevanti). Ma se sia i cittadini sia la politica riconoscono l’importanza della questione ambientale perché l’Italia o le singole amministrazioni restano ferme al palo? L’idea che mi sono fatto è che l’ambiente sia per molti politici una foglia di fico. A parole sono tutti a favore della protezione dell’ambiente, ma appena devono mettere in pratica delle scelte a favore di tutti, che sia il divieto della plastica monouso, la circolazione delle auto inquinanti o un’area protetta, emergono lobby, piccoli gruppi di interesse contrari. E dato che questi gruppi sono rumorosi, mentre la maggior parte dei cittadini è silente, le cose da fare per l’ambiente scompaiono rapidamente dal programma elettorale. Credo che ognuno di noi ricordi più di un caso di questo tipo. Ad Ancona è successo per la vicenda dell’Area marina protetta della costa del Conero, e per paura che i cittadini esprimessero la loro opinione, il comune ha deciso di non consentire la consultazione referendaria. Del resto è comprensibile, il risultato con ogni probabilità, direbbe loro che non stanno (più) rappresentando gli interessi della maggioranza silenziosa.

Docente all’Università Politecnica delle Marche e presidente della Stazione zoologica-Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine

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