Ascoli e San Benedetto, pensateci. Fronte unico è l’uovo di Colombo

Ascoli e San Benedetto, pensateci. Fronte unico è l’uovo di Colombo

di Mario Paci
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Sabato 11 Febbraio 2023, 07:05

Nell’unica regione d’Italia declinata al plurale la prima denominazione che tenesse in piedi rivendicazioni territoriali e differenze risale a prima dell’unità d’Italia. L’assetto territoriale marchigiano fu riformato con il decreto Rattazzi del 22 dicembre 1860 che istituì la Provincia di Pesaro e Urbino. In realtà già prima, nell’organizzazione amministrativa dello Stato della Chiesa, il territorio provinciale coincideva con quello della delegazione apostolica di Urbino e Pesaro. Una doppia denominazione affinché urbinati e pesaresi potessero essere trattati equamente senza favoritismi e prevaricazioni. A distanza di oltre 160 anni, al di là delle dimensioni geografiche che separano i territori, con l’introduzione delle tecnologia che riduce le distanze, dove basta un clic per dialogare e ottenere servizi a centinaia di chilometri di distanza, dovrebbe esistere un’unica comunità civica (e di spirito) alla quale tutti si sentano di appartenere. E invece, specie nel Sud delle Marche, il vento separatista, scissionista fino alla divisione dell’atomo, continua a spirare virulento fra provincia e provincia, fra città e città, fra vallata e vallata. Non è bastata la dolorosa divisione delle Province di Ascoli e di Fermo a trarre insegnamento. Eppure, si sa, quando una coppia si separa, poi le bollette raddoppiano così come i canoni di affitto. A distanza da quel 2009 che segnò la divisione fra i cugini ascolani e fermani la Provincia di Ascoli, ancora oggi, si lecca ferite che non si rimarginano. È in stato di pre dissesto finanziario mentre quella di Fermo, con appena 170mila residenti (che diminuiscono con il calo demografico) è condannata all’irrilevanza, soprattutto politica. C’è chi continua a sventolare il vessillo sgualcito dell’“Ancocentrismo” che riduce il Piceno a “Cenerentola delle Marche“. Un mero alibi se poi si svilisce il concetto di “unione che fa la forza” quando viene tradito così ingenuamente. E se è vero che la storia si ripete sempre due volte: la prima come tragedia, la seconda come farsa, la lezione della separazione con Fermo non sembra avere insegnato granché. Nel 2023, la disputa è fra San Benedetto del Tronto e Ascoli Piceno. San Benedetto, nata come borgo marinaro, capace di registrare un boom urbanistico fino a strappare il primato dei residenti al capoluogo che, al contrario, dopo la batosta del terremoto e una ricostruzione che stenta a decollare, stenta a riprendersi e sconta un marcato declino demografico. Questa velleitaria conquista (di due città comunque ampiamente sotto i 50mila abitanti) spinge alcune forze politiche della Riviera a rivendicare la doppia denominazione della provincia. Richiesta legittima se si tratta di ottenere più risorse e servizi e non a contendersi il lembo di una coperta corta e sdrucita. Oramai ogni questione è diventata oggetto di scontro aperto e non di confronto fra le due città. Tralasciando la rivalità calcistica, segnata purtroppo anche da lutti dentro e fuori gli stadi, la competizione si è spostata su altri binari. Dall’ubicazione del nuovo ospedale (meglio ad Ascoli, Spinetoli o San Benedetto?) dove finora è mancata una visione strategica e si preferisce mantenere due mezzi ospedali carenti di attrezzature e medici «ma sotto casa», a quella degli uffici periferici, fino a rivendicazioni opinabili come l’intitolazione della nuova azienda sanitaria Ast («perchè sulla carta intestata c’è scritto solo Ascoli e non Ascoli-San Benedetto?») o i cartelli autostradali («perchè prima San Benedetto e non Ascoli?»). Una sfida incessante e francamente stucchevole. Nell’epoca della globalizzazione, dell’industria 5.0, dell’innovazione tecnologica che permea ogni strato economico e sociale, basta davvero la denominazione Ascoli-San Benedetto, come uno schiocco di dita, a risolvere i problemi? Basta ad esempio a riportare nel Piceno le grandi aziende dopo la fuga post Casmez; a ottenere la terza corsia di un’autostrada che mensilmente provoca lutti e paralizza il traffico delle merci e lo spostamento delle persone? O viceversa un fronte unico Ascoli-San Benedetto (e anche Fermo) potrebbe sparigliare le carte su un tavolo verde regionale e nazionale dove tutti i giocatori lo danno per perdente?

*Giornalista del Corriere Adriatico caposervizio della redazione di Ascoli Piceno

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