L’ultimo numero del settimanale inglese The Economist ha aperto la sezione dedicata al business con un lungo articolo sul declino delle grandi imprese italiane. Il sottotitolo dell’articolo inizia con “The fate of SpA…” riferendosi appunto alla sorte delle nostre società per azioni. Come noto ‘spa’ in inglese indica le terme o un centro benessere. Poiché la maggioranza dei lettori non italiani ignora le forme giuridiche del nostro paese, è probabile che nel leggere il titolo dell’articolo molti di essi avranno pensato che si parlasse dei centri benessere in Italia. Non so se i redattori di The Economist abbiano volutamente giocato su questa ambiguità, ma l’ipotesi non sembra del tutto infondata. La conclusione generale dell’articolo è che l’Italia sta progressivamente perdendo la sua posizione di potenza industriale; per questo rischia di rimanere apprezzata nel mondo come luogo del buon vivere piuttosto che per la capacità di offrire prodotti e servizi di valore. Questa prospettiva sembra condivisa dagli stessi italiani considerato che da diversi decenni la percentuale degli inoccupati, cioè delle persone che non lavorano né lo stanno cercando, ha superato quella delle persone che lavorano (occupati) o che un lavoro lo stanno cercando (disoccupati). Nell’ultimo decennio questa divaricazione è diventata allarmante con gli inoccupati stabilmente sopra il 55% della popolazione e le persone che lavorano in percentuale inferiore al 45%. Un ulteriore indizio in questa direzione sembra dedursi dal continuo calo della propensione imprenditoriale: meno del 3% delle persone adulte si impegna nello sviluppo di un’iniziativa imprenditoriale. Una percentuale che ci pone agli ultimi posti a livello internazionale; la media Ue è più che doppia rispetto all’Italia e negli Usa supera il 15%. Non necessariamente questo dipende dal fatto che gli italiani siano più propensi all’ozio piuttosto che all’impegno nel lavoro. Sempre The Economist ci ricorda che l’Italia si posiziona decisamente in basso nella classifica Doing Business della World Bank; una classifica che misura la facilità di fare impresa. La classifica non fa altro che confermare difficoltà ben note ai nostri imprenditori: le farraginosità burocratiche nell’ottenimento di permessi o autorizzazioni, la complessità del sistema fiscale, le lentezze della giustizia civile, ecc.
*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni