Sviluppare le idee imprenditoriali nella difficoltà di trovare le risorse

Sviluppare le idee imprenditoriali nella difficoltà di trovare le risorse

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 27 Maggio 2020, 11:05
La scorsa settimana si è svolta la presentazione delle idee imprenditoriali sviluppate dei partecipanti al programma del Contamination Lab dell’Università Politecnica delle Marche. Il Contamination Lab è un programma di formazione all’imprenditorialità avviato da un quinquennio e attivo anche nelle altre università della regione e nelle principali università italiane. Il fatto che i team abbiano continuato a sviluppare le loro idee imprenditoriali malgrado la situazione di emergenza e di disagio degli ultimi mesi è significativo della capacità dei nostri giovani di utilizzare al meglio le nuove tecnologie e dell’entusiasmo nel proporre nuove idee. Anche quelle presentate quest’anno si caratterizzano per il diffuso utilizzo delle tecnologie digitali e per il riferimento ai temi della sostenibilità ambientale. Da diversi anni le università sono diventate la principale fucina di nuova imprenditorialità, soprattutto quella che si attiva nei settori a più alto contenuto di conoscenza. Gli ecosistemi imprenditoriali che vanno costituendosi intorno alle università sono destinati a prendere il posto finora svolto dai distretti industriali come attrattori di nuove imprese e crogiolo di nuovi talenti imprenditoriali. Osservando la distribuzione sul territorio delle start-up innovative emerge con evidenza la concentrazione attorno ai principali atenei; vale per l’Italia in generale e vale per la nostra regione. A differenza dei distretti industriali, la cui economia è basata principalmente sui rapporti di filiera fra le imprese, i nuovi ecosistemi imprenditoriali presentano elementi di maggiore complessità: sia per la diversità degli attori in gioco, pubblici e privati, sia per le relazioni all’interno e all’esterno del sistema. Fra gli attori fondamentali di questi ecosistemi assumono particolare rilevanza quelli che sono in grado di sostenere lo sviluppo delle nuove imprese favorendone le relazioni con il tessuto imprenditoriale e fornendo loro capitale: incubatori, acceleratori e società di venture capital. Quello dell’acceso al capitale è un nodo fondamentale. Le start-up innovative sono promosse da giovani che non dispongono di ricchezza finanziaria accumulata; inoltre, il loro modello di business non consente di sostenerne lo sviluppo con l’autofinanziamento o con i prestiti bancari. Raccogliere capitale dall’esterno è fondamentale per il loro sviluppo e deve trattarsi di capitale di rischio. In questo ambito il nostro paese ha accumulato un ritardo considerevole rispetto agli altri paesi europei, in particolare quelli del nord Europa. Esprimiamo un grande potenziale di nuovi talenti imprenditoriali che fanno però fatica a trovare le risorse per potersi sviluppare. Questo paradosso è ancor più accentuato nella nostra regione che è fra le prime in Italia per numero di start-up innovative ma che è periferica rispetto ai principali centri, Milano in particolare, nei quali si concentrano i pochi operatori italiani attivi nel venture capital. Affrontare le cause del mancato sviluppo del mercato del capitale di rischio nel nostro paese non è semplice. Vi sono sicuramente problemi dal lato dell’offerta, per un sistema finanziario che si caratterizza per il ruolo preponderante degli intermediari bancari. La UE ha di recente promosso diversi strumenti per favorire lo sviluppo del mercato del capitale di rischio e anche in Italia non sono mancati interventi legislativi e iniziative in questo ambito. Finora, però, questi interventi non sembrano aver modificato in modo consistente la situazione. Occorrerebbe strumenti più efficaci e un maggiore impegno di risorse, sia a livello nazionale sia a livello regionale. Troppe poche attenzioni sono destinate alle idee e ai progetti dei nostri giovani mentre non si lesinano finanziamenti quando si tratta di sostenere interessi costituiti. Il recente decreto rilancio non ha dimenticato le start-up ma anche in questo caso l’entità delle risorse è insufficiente. E’ il solito problema italiano di una bilancia che inclina più spesso alla difesa dell’esistente piuttosto che a favorire l’innovazione e il cambiamento. Continuando in questo modo il rischio è che alla lunga avremo ben poco da difendere.

*Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche
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