Pil, le previsioni di crescita fanno i conti con le bollette

Pil, le previsioni di crescita fanno i conti con le bollette

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 19 Ottobre 2022, 17:04

Il governo che si appresta a nascere si troverà ad operare in una condizione economica e sociale di notevole difficoltà e in evidente peggioramento. Allo stesso tempo la situazione della finanza pubblica, soprattutto a causa dell’elevato livello del debito, limiteranno le possibilità di manovra entro confini molto stretti. Nella Nota di Aggiornamento dal Documento di Economia e Finanza (Nadef) di recente presentata dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi e dal ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco sono state riviste al ribasso le stime di crescita del PIL per il prossimo anno.

La crescita del PIL per l’anno in corso è stata in realtà rivista al rialzo, dal 3,1% previsto nel Documento di Economia e Finanza (DEF) di aprile scorso al 3,3%. Gran parte di questa crescita è dovuta al buon andamento registrato nel primo semestre mentre la seconda metà dell’anno si prospetto decisamente meno favorevole di quanto anticipato nella scorsa primavera. Ad indebolire il quadro congiunturale concorrono una serie di circostanze sfavorevoli e tra loro collegate prima fra tutte l’impennata dei prezzi dell’energia e la conseguente ripresa dell’inflazione che da temporanea e confinata in specifici ambiti è andata estendendosi ai diversi settori dell’economia. Il rallentamento dell’economia osservato nella seconda metà dell’anno in corso ha conseguenze rilevanti sulle previsioni di crescita del 2023. Rispetto alle stime contenute nel DEF la previsione per il 2023 passa dal 2,4% allo 0,6%.

Una riduzione che equivale ad una brusca frenata. E che potrebbe rivelarsi ottimistica. La scorsa settimana il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale hanno prospettato uno scenario di recessione che porterebbe l’economia italiana verso la stagnazione o con un segno meno nell’andamento del PIL reale. Il Nadef continua a mantenere stima di crescita positive per il 2024 e il 2025: rispettivamente +1,8% e +1,5%. Alla luce delle tendenze recenti appare dubbia la possibilità di conseguire questi risultati, anche se bisogna considerare che la situazione di grande incertezza che caratterizza l’evoluzione dell’economia rende estremamente difficili e aleatorie le stime degli andamenti macroeconomici a medio termine.

Paradossalmente, al peggioramento nell’andamento del PIL reale corrispondono segnali non del tutto negativi per la finanza pubblica. Il rialzo dell’inflazione oltre il target del 2% indicato dalla Banca Centrale Europea ha determinato un rialzo dei tassi di interesse che sono probabilmente destinati a subire ulteriori aumenti. E’ una bruttissima notizia per lo stato italiano che ha un debito fra i più elevati a livello mondiale: secondo il Nadef la spesa per interessi aumenterà al 4% del PIL nel 2023.

Si tratta di un peso enorme se si pensa che l’intera spesa per l’istruzione è inferiore a 4% del PIL e quella per la sanità intorno al 7%. Le buone notizie per la finanza pubblica sono determinate dal fatto che la forte crescita del PIL nominale (per effetto dell’inflazione) determina un incremento delle entrate fiscali e una riduzione del rapporto debito/PIL. Dopo il picco di oltre il 150% del 2020 il rapporto debito/PIL è previsto al 145% nel 2022 e al 139% nel 2025. Malgrado questo miglioramento si tratta di un valore elevato, destinato a condizionare in modo rilevante le politiche di bilancio del nuovo governo. Se ne è avuta evidente anticipazione con la brusca retromarcia sulla riforma fiscale cui è stata costretta la premier inglese Liz Truss a fronte della reazione negativa dei mercati; la retromarcia è costata la poltrona al ministro dell’economia e una seria perdita di credibilità del governo inglese. Anche l’Italia avrebbe bisogno di riforme incisive e in qualche ambito di vere e proprie scosse.

Tuttavia, la difficile situazione della finanza pubblica imporrà al nuovo governo di muoversi con estrema cautela. L’immobilismo degli ultimi decenni e le mancate riforme si sono trasformate in una zavorra dalla quale è diventato sempre più difficile liberarsi. Potrebbe riuscirci un governo che avesse la capacità e l’ambizione non solo di fronteggiare le emergenze ma anche di muoversi con un orizzonte di lungo periodo. 

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche  e coordinatore Fondazione Merloni

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