L'ospedale regionale a Torrette

Il meglio e il peggio
della nostra storia

di Donato Iacobucci
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Martedì 15 Ottobre 2019, 20:51 - Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 13:29
La scorsa settimana la Commissione Europea ha pubblicato la quarta edizione del Regional Competitiveness index, un indice che misura il grado di competitività delle regioni europee. Il lavoro confronta 268 regioni europee sulla base di undici indicatori che catturano la capacità competitiva delle regioni e, di conseguenza, le loro prospettive di sviluppo. La competitività regionale è definita come la capacità di offrire un ambiente di vita e di lavoro attrattivo e sostenibile per le imprese e per i residenti.

Questa definizione di competitività cerca di bilanciare gli aspetti relativi alla produttività delle imprese, necessari ad assicurare reddito e sviluppo, con la crescente sensibilità per la sostenibilità ambientale e sociale. Ognuno degli indicatori è a sua volta ottenuto dall’aggregazione di diversi indici, in modo da ottenere una misura sintetica che consente confronti nel tempo e nello spazio. In questa sintesi sono racchiusi i pregi e i difetti della metodologia.

Essa non è in grado di rappresentare in modo puntuale le specificità di ogni regione ma offre utili indicazioni di confronto con le altre regioni e con i valori medi europei. In alcuni casi gli indicatori relativi alle Marche risentono delle caratteristiche generali del contesto nazionale e sono pertanto simili a quelli delle altre regioni italiane.

È il caso della qualità e dei livelli di istruzione della popolazione per i quali il nostro paese presenta indici decisamente inferiori alla media europea. In altri casi gli indicatori riferiti alla regione presentano significative differenze con la media nazionale. Vi è un unico indicatore per il quale le Marche superano, e di molto, la media europea: è quello relativo alla salute. Anche se nei media prevalgono le notizie relative ai casi di ‘mala sanità’, questo risultato ci ricorda che il nostro sistema sanitario è fra i migliori in Europa; cioè fra i migliori al mondo. Questo non significa che non vi siano spazi di miglioramento, ma almeno sul suo stato presente possiamo essere soddisfatti.

Gli indicatori assumono valori decisamente meno soddisfacenti quando si passa a quelli relativi alla produttività delle imprese. È il caso dell’indicatore per le infrastrutture: posta a 100 la media europea le Marche si fermano a 68. Quasi tutte le regioni italiane sono al di sotto della media ma non in modo così evidente: il Veneto è a 92; l’Emilia-Romagna a 87. Un altro ambito nel quale la regione appare fortemente in ritardo è quello relativo alla capacità innovativa delle imprese per il quale l’indicatore si ferma a 67, due terzi rispetto alla media europea. Sappiamo già che questo è un punto debole della nostra regione e il rapporto della Commissione UE ce ne fornisce una chiara evidenza.

L’indicatore nel quale le Marche presentano la performance peggiore è quello relativo alla qualità delle istituzioni. In questo caso, però, conta poco il contesto locale poiché gran parte degli aspetti considerati nel calcolo dell’indicatore riguardano il contesto nazionale. Per misurare la qualità delle istituzioni il rapporto considera, infatti, non solo l’efficacia e l’efficienza dell’azione politica e amministrativa ma anche l’insieme delle regole che presiedono alla vita economica e civile; molte delle quali dipendono dal contesto normativo nazionale. Dobbiamo inoltre considerare che la qualità delle istituzioni dipende anche dai comportamenti individuali, che in alcuni ambiti sono più importanti delle norme o dell’azione della pubblica amministrazione.

Purtroppo, nel nostro paese i due aspetti si rafforzano a vicenda; la lamentela per l’inefficienza della pubblica amministrazione diventa spesso un alibi per comportamenti poco rispettosi delle regole, che contribuiscono a peggiorare la situazione. Il rapporto evidenzia il notevole divario che esiste nella qualità delle istituzioni italiane rispetto a quelle di altri paesi europei. La fondata protesta per la farraginosità del nostro sistema normativo e per le inefficienze dell’amministrazione pubblica non deve farci dimenticare che il buon funzionamento delle istituzioni dipende innanzitutto dai buoni comportamenti dei cittadini; tutti e non solo politici e amministratori.

* Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche
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