Svezia nella Nato, ok della Turchia all'adesione: cosa succede ora? Gli scenari (con il nodo Ungheria di Orbàn)

La grande Assemblea Nazionale turca ha approvato la richiesta di adesione alla Nato da parte della Svezia. Ora rimane solo il no dell' Ungheria di Orbàn che ha invitato i primo ministro svedese per "negoziare", una partita ancora aperta

Nato, arrivato ok per l'entrata della Svezia da parte della Turchia, l'Ungheria è l'unico voto che resta
Nato, arrivato ok per l'entrata della Svezia da parte della Turchia, l'Ungheria è l'unico voto che resta
6 Minuti di Lettura
Mercoledì 24 Gennaio 2024, 16:20

Anche la Turchia dice si alla Svezia nella Nato. A quasi due anni dal via libera dell'Alleanza Atlantica ad accogliere la richiesta di Stoccolma (e a un anno dall'ingresso della Finlandia), la Grande Assemblea Nazionale Turca ha approvato lo sblocco dello stallo. A Bruxelles si è chiuso uno dei capitoli più spinosi degli ultimi due anni all’interno della Nato: lo stop turco sulla ratifica del protocollo di adesione della Svezia all’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, ma un altro rischia di diventare ancora più imbarazzante. Mentre la Grande Assemblea Nazionale Turca si preparava a ratificare il protocollo di adesione di Stoccolma sei mesi dopo l’intesa decisiva tra i leader dei due Paesi al vertice Nato di Vilnius, il primo ministro dell’Ungheria, Viktor Orbán, ha reso noto di aver invitato il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, a Budapest per “negoziare l’adesione della Svezia alla Nato“. L'unanimità necessaria perché la Svezia entri definitivamente nella Nato passa necessariamente per il voto del parlamento ungherese, ora più che mai diventato ago della bilancia atlantica.

La posizione della Turchia

Quello turco sembrava l’ostacolo più arduo da superare per le aspirazioni della Svezia di diventare il 32esimo membro dell’Alleanza Atlantica, considerato il continuo rinvio imposto dal presidente Recep Tayyip Erdoǧan per una serie di criteri a suo avviso non rispettati secondo il memorandum d’intesa firmato alla vigilia del vertice di Madrid del 2022. Tra queste in particolare le richieste di estradare i membri del movimento politico-militare curdo del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan). La posizione irremovibile del leader turco ha portato al punto più basso dei rapporti con gli altri alleati in occasione del via libera alla richiesta della Finlandia, quando è stato invece ribadito lo stop a Stoccolma: in questo modo è sfumato l’ingresso congiunto dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica nello stesso giorno ovvero il 4 aprile 2023. Appena prima dell’inizio del vertice di Vilnius nel luglio dello scorso anno, e dopo aver minacciato di voler legare il percorso di allargamento della Nato a quello di adesione della Turchia all’Unione Europea, lo stesso Erdoǧan ha dato il via libera all’ingresso della Svezia in un trilaterale che si è rivelato risolutorio con il premier Kristersson e il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg. A distanza di sei mesi il Parlamento turco ha così rispettato l’impegno di ratificare il protocollo di adesione di Stoccolma, mettendo fine al suo ostruzionismo. 

Il no dell'Ungheria 


Ma ora tutti gli occhi sono puntati sull’Ungheria di Orbán, il quale non sta mancando di indisporre i suoi vicini a Bruxelles con i continui ricatti non solo all’interno dell’Unione Europea (in particolare sulle questioni dei fondi Ue e del sostegno all’Ucraina) ma anche, appunto, per quello che riguarda la Nato.  Mentre l’attenzione era tutta rivolta ad Ankara e alle minacce esplicite di Erdoǧan di bloccare il processo in caso di non rispetto delle condizioni richieste, a Budapest il dossier della ratifica del protocollo di adesione della Svezia alla Nato non è mai avanzato soprattutto per il contrasto diplomatico tra i due Paesi membri Ue. Durante il semestre di presidenza svedese del Consiglio dell’Ue (tra gennaio e luglio 2023), il premier Kristersson è stato particolarmente duro nelle sue critiche all’erosione dello Stato di diritto determinato dal governo Orbán e tutt’ora è uno dei leader più intransigenti sui ricatti del premier ungherese al tavolo del Consiglio Europeo. Il messaggio di Orbán sul “negoziare l’adesione della Svezia alla Nato” potrebbe essere un segnale di subordinazione del Parlamento ungherese alle decisioni del premier , considerato anche il fatto che a oggi non è in agenda un voto per la ratifica del protocollo di adesione di Stoccolma.

Secco è stato il commento del ministro degli Esteri svedese, Tobias Billström, che ha messo in chiaro che Stoccolma “non ha alcun motivo di negoziare” con Budapest.

 

L'iter e i possibili scenari 


Per diventare membro della Nato, un Paese deve inviare una richiesta formale, precedentemente approvata dal proprio Parlamento nazionale. A questo punto si aprono due fasi di discussioni con l’Alleanza, che non necessariamente aprono la strada all’adesione: la prima, l’Intensified Dialogue, approfondisce le motivazioni che hanno spinto il Paese a fare richiesta, la seconda, il Membership Action Plan, prepara il potenziale candidato a soddisfare i requisiti politici, economici, militari e legali necessari (sistema democratico, economia di mercato, rispetto dello Stato di diritto e dei diritti fondamentali, standard di intelligence e di contributo alle operazioni militari, attitudine alla risoluzione pacifica dei conflitti). Questa seconda fase di discussioni è stata introdotta nel 1999 dopo l’ingresso di Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, per affrontare il processo di aspiranti membri con sistemi politici diversi da quelli dei Paesi fondatori dell’Alleanza, come quelli ex-sovietici. La procedura di adesione inizia formalmente con l’applicazione dell’articolo 10 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che prevede che “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo in grado di favorire lo sviluppo dei principi del presente Trattato e di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”. La risoluzione deve essere votata all’unanimità da tutti i Paesi membri. A questo punto si aprono nel quartier generale a Bruxelles gli accession talks, per confermare la volontà e la capacità del candidato di rispettare gli obblighi previsti dall’adesione: questioni politiche e militari prima, di sicurezza ed economiche poi. Dopo gli accession talks, che sono a tutti gli effetti una fase di negoziati, il ministro degli Esteri del Paese candidato invia una lettera d’intenti al segretario generale dell’Alleanza. Il processo di adesione si conclude con il Protocollo di adesione, che viene preparato con un emendamento del Trattato di Washington, il testo fondante dell’Alleanza. Una volta emendato il Protocollo di adesione, il segretario generale della Nato invita formalmente il Paese candidato a entrare nell’Alleanza e l’accordo viene depositato alla sede del dipartimento di Stato americano a Washington. Al termine di questo processo, il candidato è ufficialmente membro dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord. 

Cosa manca

A questo punto la Svezia non può fare altro che attendere il via libera dal parlamento ungherese, senza alcuna certezza sulle tempistiche nelle quali tale decisione verrà presa. L'invito del premier Orban a "negoziare" potrebbe essere il primo passo di apertura, sempre che la Svezia sia disposta a farlo. Orban sa bene di essere l'ultimo rimasto a non aver ancora acconsentito all'ingresso della Svezia, ma sa anche che il suo giocare all'ago della bilancia potrebbe tornare utile al momento giusto, magari a scaricare un po le tensioni derivanti dalle frenate ungheresi nei confronti degli aiuti europei da destinare all'Ucraina. Un processo lungo il cui esito finale rimane per ora sconosciuto. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA