«La valutazione delle risultanze dibattimentali non ha consentito di affermare, oltre ogni ragionevole dubbio, la penale responsabilità degli imputati, dal momento che le pur copiose acquisizioni documentali e le prove orali assunte sul punto non hanno offerto alcuna prova diretta dell'ipotizzato accordo corruttivo. Ed invero, le emergenze processuali, pur destando più che un sospetto sull'esistenza di un tacito e implicito "patto" tra gli imputati, non consentono di descrivere le condotte con le connotazioni fenomenologiche idonee ad integrare l'illecito contestato». È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 17 novembre i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Roma hanno assolto Silvio Berlusconi e Mariano Apicella, con la formula «perché il fatto non sussiste» nel filone romano del processo Ruby Ter.
Processo che vedeva l'ex premier imputato per la presunta corruzione legata alla falsa testimonianza del cantante napoletano riferita alle feste organizzate ad Arcore. I giudici avevano inoltre dichiarato la prescrizione per l'accusa di falsa testimonianza nei confronti di Apicella. Il rinvio a giudizio per i due era stato deciso dal gup di Roma all'udienza preliminare del 16 maggio 2018. Anche la Procura di Roma aveva chiesto l'assoluzione per entrambi gli imputati.
LE MOTIVAZIONI
LE CARTE
«Tali dati documentano dunque la periodicità mensile delle corresponsioni in epoca antecedente a quella indicata nell'imputazione, l'assoluta tracciabilità dello strumento adottato costituito dall'uso di bonifici bancari, e la sostanziale equipollenza delle elargizioni, legittimando ad inferire, contrariamente ed alternativamente all'assunto accusatorio, l'esistenza, tra gli imputati, di uno stabile e risalente rapporto personale - si legge nella sentenza - di natura professionale se non anche amicale».
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