Delitto di Via Poma, la Procura di Roma chiede l'archiviazione della nuova indagine sulla morte di Simonetta Cesaroni

Le indagini erano state riaperte nel marzo 2022 per verificare gli alibi di alcune persone coinvolte

Simonetta Cesaroni
Simonetta Cesaroni
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Mercoledì 13 Dicembre 2023, 16:56

Delitto di via Poma, sta per calare l'ennesimo sipario su uno dei delitti più noti della recente storia italiana. La Procura di Roma ha chiesto di archiviare la nuova indagine sull'omicidio di Simonetta Cesaroni, trovata morta in un ufficio di via Poma, a Roma, nell'agosto del 1990. Il fascicolo era stato aperto nel marzo del 2022 dopo un esposto presentato dai familiari della ragazza uccisa con 29 coltellate. Nel corso dell'indagine sono stati ascoltati una ventina di testimoni e sono stati rianalizzati gli atti dei processi svolti negli anni. Al termine degli accertamenti non sono emersi elementi utili per proseguire le indagini.

I familiari di Simonetta Cesaroni non si arrendono

I familiari di Cesaroni però non si arrendono nella ricerca della verità e a novembre hanno depositato a piazzale Clodio un nuovo esposto.

Il drammatico omicidio di Simonetta resta, al momento, un giallo che non ha ancora un colpevole a distanza di 33 anni. Indagini, processi e un infinito numero di piste investigative non sono riusciti a dare un nome a chi uccise in modo brutale l'allora ventenne in un appartamento al terzo piano di uno stabile nel cuore del quartiere Prati, nell'ufficio dell'Associazione alberghi della gioventù.

Le indagini

Il fascicolo in una prima fase era stato aperto come modello 45, ossia senza indagati o ipotesi di reato ma poi è stato incardinato per omicidio volontario contro ignoti. Ad essere ascoltate anche persone entrate in contatto, in passato, con personaggi lambiti dalle indagini. Al centro degli accertamenti anche un sospettato che già all'epoca dei fatti finì nel mirino degli investigatori. Chi indaga ha ascoltato anche l'allora dirigente della Squadra Mobile, Antonio Del Greco che mesi fa avrebbe raccolto la testimonianza di una donna che avrebbe smentito l'alibi di uno dei personaggi finiti nelle indagini svolte in passato. Gli inquirenti in questo ambito hanno analizzato anche una serie di documenti già negli atti dei vecchi procedimenti. L'attività dei pm ha viaggiato parallela con quella della commissione parlamentare antimafia della precedente legislatura che ha effettuato una istruttoria sul caso.

Pietro Vanacore «scoprì il cadavere»

Nelle risultanze dell'attività svolta i parlamentari affermano che il portiere dello stabile, Pietro Vanacore poi morto suicida, «scoprì il cadavere» di Simonetta Cesaroni «ore prima dell'ufficiale ritrovamento del corpo». A detta della commissione vi fu una attività «post delictum, intesa ad occultare il fatto omicidiario o quantomeno a differirne la scoperta, oppure persino ad attuare un qualche proposito di spostamento della salma dal luogo in cui fu poi rinvenuta». Per i parlamentari «resta ragionevole credere che l'omicida fu persona che aveva un notevole livello di dimestichezza con lo stabile, se non proprio con l'appartamento. Si deve essere trattato di persona che poteva contare su un rapporto di confidenza con la vittima o che era in grado di approfittare della fiducia di Simonetta o quantomeno, in via subordinata, di non indurla in sospetto o in allarme, trovandosi a tu per tu, in situazione di isolamento». E ancora: «rimane estremamente probabile che l'omicida sia di gruppo sanguigno A, perché sarebbe altrimenti poco spiegabile che a tale gruppo sanguigno debbano essere ricondotte le macchie ematiche rinvenute su interno, esterno e maniglia della porta della stanza dove venne ritrovato il cadavere».

L'ulitima sentenza è del 2014: assoluzione per Raniero Brusco, l'ex fidanzata di Simonetta

Delle molte ipotesi «avanzate per spiegare questa risultanza degli esami sui reperti ematici, tutte comunque risultano conducenti nell'identificare il sangue repertato nell'appartamento come quello dell'omicida, magari anche frammisto a quello della vittima. Appare altamente probabile che l'aggressore si sia ferito nella colluttazione e nella ancor più feroce e violenta dinamica omicidiaria», scrive nell'atto conclusivo la commissione. Dal punto di vista processuale, comunque, l'ultima sentenza risale al febbraio del 2014 con la pronuncia della Cassazione che ha confermato l'assoluzione per Raniero Busco, l'ex fidanzato della ragazza, che in primo grado era stato condannato a 24 anni di carcere. Verdetto ribaltato già in appello. (

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