Elica, muro contro muro in Regione. I sindacati: «Esuberi da ritirare», l'azienda: «Doloroso ma inevitabili»

La protesta dei lavoratori della Elica davanti alla Regione
La protesta dei lavoratori della Elica davanti alla Regione
di Aminto Camilli
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Venerdì 9 Aprile 2021, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 11:14

FABRIANO - Scatta il confronto Elica-sindacati, si confermano abissali le distanze tra le parti. Quello di ieri sera in Regione è stato soltanto un primo approccio tra azienda e parti sociali, dopo l’annuncio da parte del management del piano di riorganizzazione che prevede ben 409 esuberi su 560 dipendenti totali degli stabilimenti di Mergo e Cerreto d’Esi, il trasferimento del 70% della produzione italiana in Polonia, nonché la chiusura dell’impianto cerretese e di interi reparti del sito di Mergo.

Tuttavia, è stato più che sufficiente per capire che la trattativa sarà davvero lunga e dovrà necessariamente coinvolgere anche le istituzioni ai massimi livelli, ministero dello Sviluppo economico in primis.


Il vertice
Ieri, intanto, è stata l’amministrazione regionale (presenti alla riunione il presidente Francesco Acquaroli, il vicepresidente Mirco Carloni, l’assessore al Lavoro Stefano Aguzzi e quello alla Cultura Giorgia Latini) a convocare i vertici aziendali e i rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm per conoscere nel dettaglio le intenzioni di Elica e la posizione dei sindacati.

L’azienda ha ribadito di essersi sempre distinta per la sua disponibilità al dialogo, anche di fronte a situazioni difficili, accettando subito di aderire al tavolo di confronto proposto dalla Regione Marche. E ha rimarcato la convinzione di trovarsi davanti a una situazione che impone lungimiranza e capacità di visione futura, con l’obiettivo fondamentale di salvaguardare il Gruppo e il mantenimento dell’occupazione sul territorio, un’occupazione che attualmente è di 1.094 persone nella sola provincia di Ancona. 

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«La perdita di competitività nel settore B2B, il fatto che i nostri competitor abbiano già de localizzato le produzioni, l’insostenibile perdita di profittabilità nell’area Cooking Italia - ha sottolineato l’amministratore delegato Giulio Cocci - rendono questo piano inevitabile, seppur doloroso. L’alternativa sarebbe quella di aggiungere anche il nostro nome tra le società del Fabrianese che in passato erano aziende e oggi, se non sono fallite, si sono trasformate in piccoli stabilimenti ristrutturati di qualche gruppo straniero. Non è il futuro che vogliamo per Elica».

Le organizzazione sindacali, che ieri in tarda mattinata avevano allestito un presidio davanti a Palazzo Leopardi, hanno annunciato per oggi un commento dettagliato all’illustrazione fatta dal management aziendale, ma secondo serie indiscrezioni Fim, Fiom e Uilm si sono opposte in maniera assai risoluta a un progetto che reputano estremamente dannoso per il distretto industriale fabrianese e non solo. Secondo le parti sociali, «il piano è inaccettabile, deve cambiare sostanzialmente, non con semplici modifiche, magari inerenti al numero di esuberi. Devono essere mantenuti i livelli occupazionali e il lavoro». I rappresentanti di Fiom-Fim-Uilm incalzano: «Ne devono presentare un altro di piano». E, nel contempo, assicurano: «Se il lavoro e la produzione rimangono nel territorio, siamo pronti a lavorare con l’azienda per individuare tutte le soluzioni per il risvolto occupazionale». 


La distanza 
Il governatore Acquaroli ha tenuto a ribadire che «la difesa del territorio è l’obiettivo che vogliamo raggiungere in questa vertenza e come missione di governo regionale. Metteremo in campo tutte le risorse che abbiamo in termini di conoscenze, relazioni istituzionali e finanziarie per cercare di risolvere questa difficile situazione». L’assessore Aguzzi ha ammesso che «c’è una distanza significativa tra azienda e sindacati, poiché Elica ha posto in discussione con fermezza un ridimensionamento fortissimo per intavolare una trattativa e giungere a un accordo. Ora, gli incontri proseguiranno unilateralmente, per capire se si può effettivamente arrivare a una sintesi. Non escludo, comunque, di portare la questione su un tavolo nazionale». 

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