Il nome scritto sulla facciata della libreria, la baby writer non si pente: «Che volete? Lo fanno tutti»

La firma della ragazzina sul muro, in piazza Cavour
La firma della ragazzina sul muro, in piazza Cavour
di Teodora Stefanelli
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Mercoledì 1 Giugno 2022, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 10 Marzo, 02:42

ANCONA - Dopo aver dato della «stupida» sui social a Simona Rossi, titolare della libreria Fogola e Fàgola, che l’aveva contattata per chiedere spiegazioni sulla scritta impressa con il pennarello sul muro appena ripitturato del suo negozio in piazza Cavour, la baby writer ieri ha lanciato una nuova provocazione. Sui Instagram ha pubblicato una storia in cui si vantava delle gesta da imbrattatrice di passaggio nel centro storico. In vacanza con alcuni amici, infatti, la ragazzina ha lasciato il suo nickname scritto sul muro, forse nella speranza che qualcuno la cercasse e la seguisse, incrementando così i suoi seguaci. 

«È colpa mia, era solo un divertimento stupido». Ma dopo la denuncia il writer di Vallemiano rischia la maximulta


Nessuna traccia di pentimento da parte sua, anzi: è stata lei stessa a condividere in una storia l’immagine dell’articolo online del Corriere Adriatico in cui si raccontava di quel gesto odioso fatto tanto per sfregiare il muro sotto i portici e del conseguente sfogo della libraia. «Inutile parlare di inciviltà - aveva scritto la titolare - se non cerchiamo di aiutarli a capire.

Quando firmate un muro, fermatevi un attimo prima». Altro che pentimento e riflessioni. La ragazzina ha commentato il post con il nostro articolo con una frase in spagnolo che, tradotta, suona così: «Bene, ho lasciato il segno». 


Con tanto di emoticon con un sorriso e due orme. È evidente che i giovani come lei non si rendano conto della gravità delle loro azioni. Non importa che qualcuno perda tempo e soldi a ripitturare un muro, tanto loro rimarranno comunque impuniti. Ma c’è di più. Contattata da noi via Telegram per chiederle come mai avesse deciso di compiere quel gesto, la ragazzina si è giustificata dicendo che «si è trattato di un gioco stupido, fatto insieme ad alcuni amici mentre ero solo di passaggio ad Ancona». Il nickname nero stampato sul muro color ocra sarebbe stato scritto a suo dire «con un pennarello cancellabile: basta passarci sopra dell’acqua per cancellarlo». Poi ha aggiunto: «Non capisco il dramma della signora e dell’operaio. Anche lui mi ha scritto ed è andato molto sul personale. Sono giovane e volevo solo divertirmi. Ecco perché l’ho fatto. Non mi giustifico, ma posso perdonarmi una cosa così. Non esageriamo, ci sono milioni di persone che fanno cose uguali a queste se non ben peggiori». 


Una ragazzata, forse, ma fatta comunque con zero rispetto per le cose altrui. Ed è così che i muri della città di Ancona continuano ad essere imbrattati, quartiere dopo quartiere e, nonostante le telecamere, è lampante come siano pochissimi gli autori di scarabocchi e tag individuati e multati. A monitorare tramite le spycam i beni pubblici ci pensano gli agenti della polizia locale mentre, per quanto riguarda i palazzi privati, occorre la denuncia del proprietario di casa. È un peccato che la città venga devastata così, anche perché le punizioni per chi compie questi gesti ci sono. Il codice penale prevede la reclusione da uno a 6 mesi o la multa da 300 a mille euro, con la pena che aumenta se ad essere imbrattati sono beni di interessi storico o artistico. Il decreto legge del 2017 in materia di sicurezza delle città ha introdotto la possibilità di punire in modo più severo chi scrive sui muri con l’obbligo di pulire o rimborsare le spese per la rimozione. Anche il regolamento comunale, all’articolo 17, stabilisce il divieto di «effettuare scritte o disegni sugli edifici pubblici o privati, sulle loro pertinenze, porte, muri, manufatti o infrastrutture, salvo autorizzazioni». Ma non basta. 

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