ANCONA - La natura era la sua passione, la ricerca la sua missione. Aveva 48 anni e una carriera luminosa davanti a sé la professoressa Silvia Zitti, docente di Biologia vegetale ed Etnobotanica dell’Università Politecnica delle Marche. Lavorava in pianta stabile dal 2006 alla Facoltà di Agraria, come docente e ricercatrice. Un male terribile, scoperto l’estate scorsa, l’ha strappata all’affetto dei suoi cari. Lascia il marito Alessandro Coluccelli, anche lui ricercatore presso la Facoltà di Scienze biologiche e l’amore della sua vita, la figlia Cristina, di 15 anni.
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Originaria di Appignano, nel Maceratese, dopo la laurea in Scienze ambientali conseguita a Ravenna (sede staccata dell’Università di Bologna) e un master in analisi della vegetazione tenuto alla Facoltà di Agraria, era ricercatrice dal 2006 presso l’Univpm, dopo aver vinto il concorso e aver conseguito il titolo di Dottore di ricerca con una tesi incentrata sulle “Indagini geobotaniche della dorsale di Cingoli”. È in occasione di un assegno di ricerca sullo “studio integrato del paesaggio vegetale per la gestione del territorio e la conservazione della biodiversità nell’Appennino centrale” che ha cominciato a collaborare con il professor Fabio Taffetani, professore ordinario di Botanica alla Facoltà di Agraria.
«Era una ricercatrice molto attenta nel lavoro, precisa, sempre disponibile, davvero encomiabile per l’impegno profuso e le capacità dimostrate» la ricorda il docente. Da vent’anni collaboravano ad un progetto ambizioso e impegnativo: il censimento dei boschi residui nelle Marche, tra cui la selva di Gallignano e quella di Castelfidardo. Per un destino malevolo, la prof. Zitti non potrà veder nascere la sua opera, edita dalla Regione Marche e in uscita a giorni. Vederla pubblicare era il suo ultimo desiderio.
Di lei hanno un ricordo splendido colleghi e studenti. Amava insegnare, sapeva trasmettere le sue conoscenze con chiarezza, stimolando l’interesse della classe. Tra le tante ricerche condotte nell’ambito della vegetazione, delle serie dinamiche in ambiente appenninico e della biodiversità negli agroecosistemi, ce n’era una a cui aveva dedicato particolare impegno: l’uso di alcune piante, tra cui le foglie di carlina (conosciuta anche come carciofo selvatico) per il caglio vegetale del latte e per la produzione del caciofiore dei Sibillini.
La professoressa Zitti si sottoponeva frequentemente a controlli medici per altri problemi di salute, ma nel luglio scorso ha scoperto un male contro cui ha lottato strenuamente, senza mai perdere il sorriso e la voglia di impegnarsi nel suo lavoro, finché le condizioni fisiche glielo hanno permesso.