ANCONA - «Noi veniamo in pace e vorremmo che lo faceste anche voi». E invece no. Ci sono persone che si presentano al Paolinelli «senza nemmeno rispondere al buongiorno, chiedendo: “Che vaccino me fate? Cosa ch’avete oggi?”» e altre che «stanno un’ora a recriminare sul sistema e su quello che la tv dice», tra improperi e giudizi «che prontamente iniziano con “io non sono medico, ma ho letto, ho sentito...». È lo sfogo di una dottoressa che presta servizio al centro vaccini della Baraccola e ha affidato a Facebook il suo flusso di pensieri.
«Quando ti accomodi sulla seduta di fronte a me, ti invito a farlo senza arroganza, pretesa, inciviltà, rabbia - scrive -. Ricordati che non sto lì a vendere le pere e le mele, ma accolgo la tua volontà di ricevere la possibilità di immunizzarti e di evitare che ti possa ammalare di Covid. Quindi siediti, cortesemente rispetta il mio ruolo, mettimi nella condizione di poter fare il mio lavoro, predisponiti all’ascolto così come faccio io con te e accogli le mie risposte. Dopodiché, sempre con garbo, accetta o rifiuta l’idoneità che ti propongo sulla base delle tue condizioni di salute in confronto a quelle degli altri. Ci sono disposizioni a cui devo attenermi per cercare di far stare bene tutti e non solo te».
È dura la vita del medico vaccinatore: ogni giorno si scontra con la paura, la titubanza, spesso l’ignoranza del cittadino. «Insulti, minacce, scorrettezze non fanno parte della mia professione e soprattutto della mia persona.