Maddalena Crippa in scena con “Il Compleanno” a San Benedetto e Tolentino: «Fare Pinter oggi è pazzesco»

Maddalena Crippa in scena con “Il Compleanno” a San Benedetto e Tolentino: «Fare Pinter oggi è pazzesco»
Maddalena Crippa in scena con “Il Compleanno” a San Benedetto e Tolentino: «Fare Pinter oggi è pazzesco»
di Chiara Morini
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Giovedì 23 Novembre 2023, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 12:24

SAN BENEDETTO - È molto attuale “Il Compleanno” di Harold Pinter, il testo da cui è tratto l’omonimo spettacolo che vede in scena, per la regia di Peter Stein, Maddalena Crippa e altri attori. “Il Compleanno” sarà in scena al Teatro Concordia di San Benedetto del Tronto (info: 0735794438) alle 20,45 di oggi e domani, giovedì 23 e venerdì 24 novembre, e al Teatro Vaccaj di Tolentino (info: 0733960059) alle 21,15 di sabato, 25 novembre. 
Maddalena Crippa, che personaggio è la sua Meg? Un po’ diverso da quello che lei fa di solito… 
«Meg è una vecchia donna un po’ tonta. Qualsiasi cosa accada, lei vive in un suo mondo fatto di quotidianità, alla quale appartiene il personaggio di Stanley, uno degli elementi del gruppo che è in scena». 

La squadra quindi funziona bene?
«Vedendo lo spettacolo si vede, raramente c’è un tale affiatamento, è fantastico far parte di questo gruppo. Poi Peter Stein è molto capace di far fiorire l’opera di autori che fanno teatro di parola. A proposito di parola, non se ne perde una, e il pubblico afferra tutto cioè che viene detto, anche senza microfono. Nessuno di noi lo utilizza, come invece vedo accadere sempre più spesso in altre rappresentazioni. Questo per il teatro è molto bello e i miei colleghi sono bravissimi». 

Stein, oltre a dirigerla, è anche suo marito. Come si lavora con lui? 
«Ora è davvero molto bello. Stiamo insieme da 34 anni ormai e una delle cose più belle è stata quella della crescita del nostro rapporto. C’è una bella parità nei ruoli, lui è un grande, sa mettere tutti a proprio agio, come ha fatto anche per questo spettacolo di teatro di parola. Un genere che è sempre più minacciato». 

Perchè? 
«Oggi si prendono i testi e si utilizzano così come sono.

Lo trovo brutto, bisogna andare dentro al testo, bisogna rispettarlo, penso che servirebbe anche una sorta di polizia del teatro. Certo fare Pinter oggi, teatro di parola, è comunque pazzesco». 

Un testo, quello di Pinter, che sembra molto attuale. È d’accordo?
«Sì, ha quasi previsto questo disastro in cui per colpa dei dispositivi finiamo per essere tutti omologati, assenti e isolati, è terrificante. Così come questo ragazzo di 22 anni che fa quello che ha fatto, penso alla violenza sulle donne oggi. Ma Pinter, quando ha scritto questo spettacolo nel 1957, aveva 27 anni».

Come uscirà lo spettatore dal teatro?
«Dipende. Quel che è certo è che lo spettacolo richiede attenzione, perché Pinter non concede nulla, leva la terra sotto i piedi. Si ride anche, la gente reagisce pure, ma viene comunque come “rapita”, dall’inizio alla fine». 

Il teatro può quindi aiutare a superare lo scenario cupo della tecnologia?
«Il teatro è nato anche per riflettere la società, è antico e sin dagli albori ha avuto molte persone in scena. Nonostante la tecnologia il teatro è ancora un luogo unico, dove poter sperimentare l’umanità. C’è la parola, c’è la scenografia, è un rito irripetibile. Il teatro è vivo, unico, uno spettacolo, anche se replica, non sarà mai lo stesso. Il teatro risveglia la parte umana, il teatro è un luogo dove sperimentare anche con altri, ci prova pure il cinema, ma non è la stessa cosa». 

Il prossimo lavoro?
«Sarà “Crisi di nervi” di Checov, è bello stare in gruppo, anche se divisi». 

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