MONTEPRANDONE - Per Jazzap sabato, 10 settembre, alle ore 21,30 a Monteprandone, in piazza dell’Aquila, arriverà il trombettista Enrico Rava con il quartetto formato da Gabriele Evangelista al contrabbasso, Francesco Diodati alla chitarra ed Enrico Morello alla batteria. Rava, 83 anni, è il jazzista italiano più conosciuto all’estero ed è il capostipite del jazz italiano.
Vista la situazione attuale, con che spirito andrà sul palco?
«Si sale sul palco con la passione di sempre. Si è in un’altra dimensione e per un’ora e mezza si dimentica di tutto il resto. È una (ahimè breve) parentesi di gioia per chi suona e (si spera) per chi ascolta».
Un musicista è chiamato a esprimersi a livello politico?
«Solo se vuole. Quella del messaggio da inviare al pubblico è una grande stronzata. L’unico scopo è fare musica. Le note in sé sono neutrali. Non c’è una musica di sinistra o di destra. Poi ognuno dà loro il senso che vuole con il testo».
E si devono suonare le note necessarie, come il titolo del suo libro…
«Possibilmente. Invece, in genere, si suonano moltissimo quelle non necessarie perché si ha paura del silenzio».
Come sceglie i suoi partner musicali?
«Cerco musicisti che abbiano una visione della musica affine alla mia. Una delle cose più stupefacenti del jazz è che se si suona con le persone giuste, fin dal primo istante tutto funziona perfettamente. Viceversa è come comunicare in una lingua che non si conosce. Alla base di tutto ci deve essere la reciproca fiducia. E quando c’è, nel palcoscenico si manifesta la democrazia perfetta: ogni musicista dà e riceve. È un piacere incredibile ed è il motivo per cui continuo a suonare».
Come giudica il panorama del jazz italiano?
«Strepitoso.
Qual è il suo quintetto all-star di tutti i tempi?
«Per me è il quintetto di Miles Davis. Quindi Ron Carter, Tony Williams, Herbie Hancock e Wayne Shorter. Questo è il Gruppo. Tra l’altro tutte le volte che ho sentito un gruppo di all star, i singoli suonavano benissimo ma insieme non producevano niente. I musicisti di Miles hanno toccato il loro apice solo con lui. Il disco My Funny Valentine di Davis è uno dei punti più alti della musica del ‘900. Della musica non del jazz».
La scelta dei musicisti di un gruppo è fondamentale…
«Quello che conta non è saper suonare lo strumento in maniera strabiliante ma è riuscire a fare musica insieme. Ciò va al di là della bravura. È toccare la magia non fare matematica. E la scelta dei musicisti del gruppo è già la prima forma di composizione. La musica nasce da qui».