MACERATA - Il ricco programma del Macerata Opera Festival 2021 (23 luglio-13 agosto) celebra i cento anni dalla prima apparizione allo Sferisterio di un allestimento d’opera lirica, che nel lontano 1921 fu nel nome di “Aida”, di Giuseppe Verdi.
La scelta del conte
Fu, allora, una scelta del conte Pier Alberto Conti, non solo per la ricorrenza cinquantenaria delle mitica prima al Teatro dell’Opera del Cairo voluta dal Khedivè d’Egitto Ismail Pascià per celebrare il taglio del’istmo di Suez, ma segnatamente dettata dall’amore dell’interessato per il soprano Francisca Solari, che interpretò il ruolo della protagonista (nel cast, beninteso, figuravano un tenore importante come Alessandro Dolci e un mezzosoprano di spicco come Irene Minghini Cattaneo).
L’“Aida” che da questo venerdì 23 luglio (con repliche l’1, il 7 e il 12 di agosto) è chiamata a celebrare questo prezioso compleanno del Mof è affidata alla regia di Valentina Carrasco, argentina, già presente nella celebre compagnia spagnola della Fura dels Baus, con i suoi geniali quanto imprevedibili ideatori di architetture teatrali. Protagonisti in scena Maria Teresa Leva (Aida), Luciano Ganci (Radames), Veronica Simeoni (Amneris), Marco Caria (Amonasro), Fabrizio Beggi (Il Re), Alessio Cacciamani (Ramfis), Francesco Fortes (Un messaggero), Maritina Tampakopoulos (Una sacerdotessa). Lo spettacolo avrà le scene di Carles Berga, i costumi di Silvia Aymonino, le coreografie di Massimiliano Volpini e le luci di Peter van Praet. Nelle due produzioni di quest’anno ci saranno, come sempre, la Form (Orchestra Filarmonica Marchigiana) e il Coro Lirico Marchigiano “Vincenzo Bellini” diretto da Martino Faggiani e ancora la Banda Salvadei.
La scenografia
Qualunque siano le sue scelte per la presente messinscena, riteniamo che possano offrire spunti di sicuro interesse, anche in considerazione del fatto che in generale questo capolavoro esotico della maturità verdiana crea tangibili aspettative legate alle opportunità spettacolari dei grandi spazi all’aperto: dello Sferisterio, appunto, il cui palcoscenico figura come “la provocazione di una lunghissima striscia orizzontale che permette di creare ciò che si vuole sotto un tetto di stelle”; e se vogliamo ancor più con riguardo al tradizionale “competitor” maceratese rappresentato dall’Arena di Verona, che nel 1913 aprì i suoi spazi all’opera proprio con la stessa “Aida”.
“Aida”, opera della maturità di Verdi, può in una qualche misura essere apparentata al gusto del “grand-opéra” parigino, per l’opulenta magnificenza dei cortei regali, per le scene di ballo, per i colpi di scena: ma il richiamo all’operismo francese in stile Meyerbeer si ferma alla superficie.
Il vicino oriente descritto dal compositore di Busseto, che pure per la realizzazione dell’opera fu in stretto contatto con Camille Du Locle, il direttore dell’Opéra-Comique parigina (a cui Ismail Pascià si era rivolto per convincere Verdi ad accettare l’incarico) e addirittura con l’archeologo-egittologo francese Auguste Mariette, che abbozza il soggetto dell’opera, rifugge da un’attenzione mirata a un’archeologia faraonica di maniera.
La marcia trionfale
La marcia trionfale affidata alle trombe lunghe, le parate sfarzose, o gli effluvi tropicali e le suggestioni della notte lunare sul Nilo, il “bataclan” (come lo chiamava Verdi stesso), ovvero l’armamentario scenico di contorno che accompagna l’opera, ancor oggi devono misurarsi con l’esigenza primaria della “teatralità” (nella recitazione, nel canto, nella psicologia dei personaggi) legata alla rappresentazione. Verdi, straordinario melodista, racchiude i variegati sentimenti dei singoli, i loro destini individuali, all’interno di un universo espressivo fatto di recitativi e di un canto d’ assolo e d’insieme che non finisce mai di sorprenderci e di incantarci.