Macchini protagonista in uno dei nuovi episodi della serie “I delitti del BarLume”: «Che spasso quei quattro vecchietti»

Macchini protagonista in uno dei nuovi episodi della serie “I delitti del BarLume”
Macchini protagonista in uno dei nuovi episodi della serie “I delitti del BarLume”
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 5 Gennaio 2023, 04:50

FERMO - Si parla marchigiano, nella nuova stagione, la decima, della toscanissima serie “I delitti del BarLume”, su Sky da lunedì 9 gennaio. E non perché la protagonista, Lucia Mascino, abbia rispolverato, per interpretare Vittoria Fusco, la sua cadenza anconetana. Sarà la parlata fermana, nel secondo episodio, a contrastare il toscano dei quattro arzilli vecchietti-detective. Piero Massimo Macchini interpreta uno dei due imprenditori marchigiani, truffaldini, che animano la vicenda.
Una parte comica, Macchini?
«Inevitabilmente, perché questa fiction è comunque una commedia. Però il mio è un ruolo di cattivo, autentico, che non lascia tanto spazio a improvvisazioni divertenti».  
Com’è lavorare nel cast del BarLume?
«I quattro pensionati, interpretati, con Alessandro Benvenuti, da Atos Davini, Marcello Marziali e Massimo Paganelli, sono esilaranti, anche fuori scena. A maggio, a Follonica, dove si è spostata la troupe per il secondo episodio, si stava benissimo: un clima caldo, tanto sole, mi pareva di stare in vacanza». 
Poi, tornato a casa, subito all’opera per “Scena muta”, che domani e domenica si replica all’auditorium di Sant’Elpidio a Mare?
«In realtà avevo scritto il testo un paio d’anni fa. Poi, la pandemia ha bloccato tutto. E alla fine di dicembre c’è stato il debutto. Come sempre, ho scelto di presentare questo monologo all’auditorium, che ho in gestione dal Comune con la mia compagnia Lagrù. È una sorta di laboratorio. La sala ha cento posti appena, ogni sera il tutto esaurito. Mi piace presentare lì, di solito a Natale, ogni nuovo lavoro: la comicità ha sempre bisogno del feedback del pubblico. Capisci quali battute funzionano poco, cosa togliere e quello che dovresti potenziare».
Difficile immaginare che lei, un fiume di parole, possa fare “scena muta” in scena.
«Infatti, anche se la mia passione è il mimo, per cui mi sono preparato in Toscana, con Lebreton, non è uno spettacolo soltanto mimato, ma un mélange di arti varie: cabaret, stand-up comedy, clownerie, magia, con un gioco di luci ed effetti scenici».
Come si spiega il titolo? 
«L’ho preso in prestito da una battuta di “Gli ultimi saranno i mimi”, il cortometraggio girato nelle Marche da Matteo Berdini, in cui anch’io ho una parte. Il mio testo parte dalla constatazione che troppe volte, davanti a un evento imbarazzante, restiamo senza parole. Solo dopo, troppo tardi, realizziamo le frasi che avremmo potuto dire, che ci avrebbero evitato malintesi e danni. Concludo lo spettacolo con il racconto della denuncia di uno stalker: finalmente, sono riuscito a non fare “scena muta”. È liberatorio».
Suscitare una risata è da sempre la sua arte. Quando ha cominciato?
«Fin da quando sono nato, dopo la morte di un fratellino, di cui porto il nome. Devo aver capito subito che il mio compito era di riportare un po’ di gioia in famiglia. E ora far ridere è il mio mestiere. Tengo anche dei corsi di umorismo; mi chiamano nelle aziende a insegnare come risollevare lo spirito, come prenderla a ridere, dopo tante ore di lavoro. Una psicoterapia molto efficace».
Nuovi progetti? 
«Finite le repliche di “Scena muta”, parto per Roma per una sitcom, top secret, che girerò tra gennaio e febbraio».

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