Le emozioni della danza con il Balletto di Milano che porta sul palco “Romeo e Giulietta”, con Federico Verratti alla coreografia e ai costumi e Marco Pesta alla scenografia. Doppia rappresentazione nelle Marche: giovedì 18 gennaio sarà al Ventidio Basso di Ascoli Piceno (alle ore 20,30, info 0736298770) e sabato 20 gennaio al Teatro dell’Aquila di Fermo (ore 21, info 0734284295).
La storia
Romeo e Giulietta sono i protagonisti di una storia sempiterna, alla base della quale c’è l’amore puro dei due giovani. «É un testo molto rappresentato – commenta Carlo Pesta che del Balletto di Milano è anche direttore – ciò che distingue la nostra rappresentazione rispetto alle altre è la musica: tutti solitamente seguono la partitura di Prokofiev, noi abbiamo scelto Ciajkovskij.
La danza
«Non vedo male la danza», commenta Pesta a proposito del settore aggiungendo anche che «la danza si sta spostando molto sul contemporaneo, il classico è più difficile. Solitamente i danzatori italiani cercano di andare all’esterno, nel nostro balletto capita il contrario: l’effetto è diverso. Ad esempio abbiamo fatto una selezione due anni fa e sono arrivate 564 candidature da 43 paesi diversi. Ci sono anche gli italiani, sono circa la metà dei nostri ballerini, gli altri sono stranieri. Gli italiani arrivano principalmente dall’Accademia della Scala giovani talenti bravi che non riescono ad entrare nel balletto della Scala».
I classici tutù
Al balletto di Milano si attualizza la classica, con tutti i virtuosismi del caso e non mancano nemmeno i classici tutù. Ma c’è un requisito che i ballerini devono avere, spiega Pesta: «La tecnica in grado di emozionare il pubblico con il semplice ballo: così la nostra Giulietta arriva quasi a far piangere, il nostro Romeo a emozionare, lo spettacolo diventa quasi di teatro. Ogni ruolo è creato e tarato sul personaggio. La danza va vista, è naturale, non ha un linguaggio particolare. Attrae con acustica e movimento, esprime un sesto senso. La danza ha un grande pubblico e chi vi assiste per la prima volta, spesso mi esclama “che mi sono perso finora”».