Sarà una personalissima riscrittura del poema omerico, “Oh! Diss’ea”, quella che Roberto Ciufoli porterà in scena domani, venerdì 11 agosto, alle ore 21,15 sul palco del Teatro romano di Falerone, per uno spettacolo organizzato da Comune ed Eclissi Eventi (info 3924450125).
Ciufoli, perché il titolo “Oh! Diss’ea”?
«Il titolo è anche la frase finale dello spettacolo, l’ultima battuta che faccio dopo la narrazione dell’Odissea riscritta a modo mio. Racconto, narro i personaggi, le vicende di Ulisse fino a quando non torna a vedere Penelope nella sua Itaca. Vicende reinterpretate alla Ciufoli».
Com’è reinterpretare un classico?
«Finora lo spettacolo è piaciuto e tra gli apprezzamenti ho avuto un commento positivo di due greciste, che hanno parlato di “scrittura intelligente”, dicendo che cose come queste potrebbero essere fatte a scuola, per attrarre gli studenti».
Come nasce lo spettacolo?
«Volevo raccontare una storia riscrivendola, e l’Odissea offre tanti spunti: lo fanno moltissimi classici, ma questo ha tanti significati. C’è l’Ulisse curioso, l’esempio che deve essere, si parla di amori e di passioni, si perde per strada ma poi ritorna a casa, se vogliamo è come un “western epico”, la storia che cercavo. La dimensione del racconto mi piace e già voglio andare avanti: chissà, forse potrei anche fare l’Eneide...».
Quanto è moderno Ulisse?
«È modernissimo, è proprio l’immagine dell’uomo moderno: non si ferma ed è una figura caratterizzata da un intelletto che lo spinge verso la curiosità».
Quanto è grande il peregrinare di un artista?
«C’è tanta soddisfazione.
Come è cambiata la comicità rispetto a quando ha iniziato?
«Il fatto che la comicità cambi è un fatto naturale e storico, la comicità è aderente al momento. Mi riferisco alle storie che raccontano l’attualità, e cambiano a seconda di momenti “fertili” o meno. Il momento storico ora non aiuta di certo per ciò che riguarda il gusto: se prima si cercava la qualità, oggi si cerca il mordi e fuggi».
Ovvero?
«Quando ho iniziato io, quarant’anni fa, si guardava al passato come a una scuola. Oggi si guarda al passato e si deve cambiarlo per forza, si deve essere diversi, ma non si capisce a prospettiva per il futuro. Sul web si vedono cose fatte oggi e che sembrano vecchie di 50 anni, più antiche delle nostre: se si guardasse al passato, si imparerebbe come fare meglio. Noi non avevamo la presunzione del tutto e subito. Come nella musica: non credo che alcuni artisti di oggi ci saranno fra quarant’anni».
A proposito di esperienza: rivedremo mai la Premiata Ditta?
«Potrebbe anche essere, ci vogliamo bene tra noi, non abbiamo litigato. Si tratterebbe di rimettere insieme alcuni pezzi di vita, chissà… lo spero».