Un viaggio nelle sonorità con Joan
Thiele alla Chiesa dell'Annunziata

Un viaggio nelle sonorità con Joan Thiele alla Chiesa dell'Annunziata
di Elisabetta Marsigli
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Venerdì 23 Marzo 2018, 13:07
Nome esotico, viso latino e misterioso: Joan Thiele, talento emergente della musica italiana sarà ospite, stasera alle 21, di TeatrOltre alla Chiesa dell’Annunziata di Pesaro per presentare in anteprima il suo nuovo album, definito da lei stessa “un po’ tribale”. La giovanissima artista metà italiana e metà svizzero-colombiana, tra i nomi italiani che si sono esibiti sul palco del SXSW ad Austin in Texas lo scorso 13 marzo, torna in Italia per una serie di live che toccheranno le principali città (info 334-3193717).

Un mix di luoghi e sonorità, un po’ tribale…ci racconta le origini di questo album?
«È nato principalmente in Sudamerica, in Colombia ad Armenia, da un momento di viaggio abbastanza difficile che ho intrapreso un anno e mezzo fa, dove ho iniziato a scrivere una valanga di cose. È effettivamente un insieme di sonorità perché cerca di raccontare le anime della Colombia, ma anche dell’Europa, dove ho casa, a Milano. L’album uscirà in aprile e lo anticiperò a Pesaro».

Una vita passata in giro per il mondo: quali le influenze maggiori nel suo fare musica?
«Il viaggio è una componente fondamentale della mia scrittura: è quella cosa che mi permette di non fermarmi mai elaborare e ascoltare. Si fa sempre più fatica ad ascoltare, ma per me, la bellezza del viaggio è proprio riuscire a farmi viaggiare anche con la mente, osservandomi intorno. È un modo per reinterpretare i suoni che vanno metabolizzati e poi riproposti in una versione personale, come per ogni forma d’arte in fondo».

Stessa cosa per i testi?
«Anche il testo, ovviamente, ha la sua enorme importanza nel raccontare tutto quello che ho vissuto e ho interpretato a modo mio: dalle suggestioni alle esperiente personali. Ma, il mio è un legame molto profondo con la musica principalmente: come se la musica avesse già le sue parole, scritte».

Come mai la scelta di un nome d’arte?
«In realtà Joan è il mio secondo nome, Alessandra il primo e Thiele, che si pronuncia “tile” è il vero cognome. Mio nonno si chiama Juan e mi faceva piacere ricordarlo, ma c’è anche un’altra ragione: la J rappresenta tutta una tipologia di artisti, che sono tantissimi, che stimo e che ascolto tuttora. Da Joan Baez a Joni Mitchell».

Una italiana che canta in inglese: non è forse più facile farlo all’estero?
«Sicuramente, ma è proprio questo il punto: in Italia c’è sempre questo blocco a differenza degli altri paesi Europei molto aperti alla lingua inglese. Ma la lingua non deve essere un limite e vorrei che si riuscisse ad andare un po’ oltre. E’ una questione di apertura mentale: siamo nel 2018 e ognuno è libero di scegliere cosa ascoltare e che lingua scegliere per cantare. Poi non è detto che io non scriva qualcosa in italiano, lascio tutto aperto… appunto».

La sua è una carriera che non è partita da un Talent show: cosa pensa di questi format?
«Dipende dalla persona e dal carattere che si ha. Partire da un Talent è un percorso difficile perché arrivi in un baleno al successo e poi devi mantenerlo nel tempo. Spesso chi è arrivato pensa di essere invincibile, ma non è così. Personalmente farei fatica a gestire il discorso televisivo».

Cosa occorre per farsi conoscere?
«La musica! Ma se non hai niente da dire è difficile che vai avanti».
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