Fano, richiamo di Trasarti su ospedale
e porto: "Verso i migranti solidarietà"

Fano, richiamo di Trasarti su ospedale e porto: "Verso i migranti solidarietà"
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Domenica 21 Giugno 2015, 13:04 - Ultimo aggiornamento: 14:42
FANO - "Dobbiamo essere responsabili e non egoisti". Diretto e forte il richiamo alle forze economiche e sociali del vescovo di Fano sui temi della povertà e dell'immigrazione.

Il vescovo Armando Trasarti e il responsabile dell'ufficio pastorale per i problemi sociali e il lavoro Gabriele Darpetti, ieri mattina, hanno riunito per la terza volta le associazioni con l'intento di creare reti stabili e alleanze tra enti, organismi economici e istituzioni in grado di incidere concretamente sulla realtà sociale del territorio.



"L'iniziativa - ha evidenziato Darpetti - ha consentito fino ad ora di incontrare 100 soggetti associativi diversi e di presentare 66 interventi, tra idee, proposte e progetti".



"Ma, oltre a chiedere ciò che debbono fare gli altri, le istituzioni pubbliche in primis - ha detto il vescovo - dobbiamo chiederci ciò che deve fare ciascuno di noi, in forma singola e in modo collettivo. La mia pretesa non è fare politica, anche se non posso non ribadire che sulla sorte dell'ospedale fanese è sceso un silenzio tombale da sei mesi e i pescatori continuano da decenni a soffrire di un problema grave; mio compito è svegliare le coscienze. Tuttavia la macchina istituzionale la debbono guidare i politici".



Il presule ha posto in evidenza la situazione dei giovani, gran parte dei quali non riesce a trovare lavoro; ha parlato di immigrazione, prendendo le mosse dal clima di ribellione che alcuni comitati e forze politiche hanno innescato sul soggiorno di alcuni profughi al Plaza hotel.



"E' evidente - ha detto - che siamo un popolo in declino nella misura in cui non riusciamo ad appassionarci più al destino di altri popoli. Pensiamo all'evoluzione, ma sarebbe meglio dire all'involuzione che abbiamo avuto in questi anni in cui, anche con il contributo della Lega, ci siamo sempre più rinchiusi in noi stessi. E' esploso l'egoismo delle comunità locali, la paura del diverso dal punto di vista culturale e religioso. La solidarietà è diventata un fatto emotivo".
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