Gael, il figlio sottratto dalla madre e nascosto in Messico. La vittoria di papà Luigi Mengucci: «Un incubo lungo 25 mesi. Ora vive con me a Pesaro e io aiuto gli altri genitori»

Gael, sottratto dalla madre e nascosto in Messico. Il padre: «Una battaglia durata 25 mesi. Ora vive con me a Pesaro e io aiuto gli altri genitori»
Gael, sottratto dalla madre e nascosto in Messico. Il padre: «Una battaglia durata 25 mesi. Ora vive con me a Pesaro e io aiuto gli altri genitori»
di Gianluca Murgia
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Lunedì 30 Gennaio 2023, 18:02 - Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 09:44

PESARO  - Quella notte del 26 ottobre 2018 hanno dormito insieme, dopo 769 giorni di battaglia e lontananza, nella casa di Pesaro. Babbo Luigi Mengucci è crollato sul lettone e suo figlio Gael, capelli ricci e occhi grandi come la notte, gli si è rannicchiato di fianco dopo aver tenuto stretto Doraemon e Winnie de Pooh, primi regali di una lunga lista di arretrati forzati che “Bigio” gli aveva promesso, ogni notte, scrivendolo su un diario dedicato su Facebook. «Questi 4 anni e mezzo sono volati via - racconta oggi Bigio Mengucci - Per fortuna ho visto e sto vedendo Gael crescere a casa. E io adesso aiuto gli altri genitori a riabbracciare i loro figli sottratti». 

Per raccontare cosa sia stata questa storia, 4 anni e mezzo dopo, l’indefinitezza delle parole deve per forza partire dalla concretezza nei numeri e delle date: 25 mesi di lontananza tra papà e figlio, da quando il 16 settembre del 2016 l’ex moglie messicana di Mengucci, con l’inganno di una vacanza nella terra natia di lei, ha trasformato il piccolo Gael, di 3 anni appena, in un fantasma, un profugo, un latitante ricercato da Interpol e Polizia Federale Messicana. Luigi Mengucci ha combattuto come un leone: contro la burocrazia e contro l’indifferenza di chi voleva catalogare tutto solo come l’ennesimo caso di sottrazione internazionale di minore.

Bigio Mengucci e suo figlio Gael nel lettone di casa a Pesaro

Quando il papà diventa un peso massimo di lotta contro il mondo

«Ora va tutto molto bene - racconta Bigio Mengucci -  Gael da quando è tornato si è subito integrato, prima all'asilo e ora alla scuola elementare: frequenta, con ottimi risultati, la quarta al Sacro Cuore. Poi, gioca a calcio nella Vis. È già un bambino indipendente». “Bigio” è diventato un peso massimo di padre, non perdendo mai fiducia nelle istituzioni e aspettando il futuro un giorno alla volta, portando il caso a livello nazionale (Iene e Rai) e internazionale (Imagen Television, prima tv commerciale messicana). Grazie ad amici e parenti ha lottato con il cervello che, in questi casi, diventa un micidiale correttore automatico di speranze in paure, attese in ansia, forza in dolore. Lui ha vinto. Nonno Mauro, avvocato che ha seguito con l’equipe di colleghi messicani la vicenda, ha vinto. Il piccolo Gael, che ha riconosciuto subito il padre che non vedeva da più di due anni, ha vinto.

Il ritorno a Pesaro, la festa allo stadio della Vis

Come dimenticare il suo ritorno a Pesaro? Vis, società e tifosi biancorossi, lo hanno abbracciato regalandogli una mini maglia da goleador: la “9” biancorossa. Quel giorno era presente, allo stadio Benelli, tutta la famiglia Mengucci allargata fino alla preziosa collega dell’equipe legale messicana, Maria Dolores Ayala, alla quale la Vis ha donato un’altra casacca ufficiale. 

La corsa liberatoria, con papà e zio, sul manto erboso dello stadio Benelli di Pesaro

«Sua mamma torna qui per vederlo un paio di volte all'anno»

Luigi Mengucci era stato subito chiaro, lucido, netto: «Sua madre potrà vederlo, aiutata in un percorso da specialisti: non voglio altri traumi per Gael. I bambini non devono soffrire, devono avere entrambe le figure dei genitori». E così è stato. «Dopo i primi due anni in cui, volontariamente, aveva scelto di non venire in Italia è tornata a vedere Gael nel dicembre 2021 - spiega  - È rimasta qui un mese ed è stata accolta in maniera assolutamete tranquilla per il bene supremo di Gael. Poi è ritornata a luglio 2022, per un altro mese, e infine lo scorso Natale. Questo, anche se lei aveva avuto condanna in sede penale da parte della tribunale di Pesaro per sottrazione internazionale di minori. Io ho l'affidamento esclusivo e Gael quando sta con la madre lo fa in presenza mia o dei miei familiari.

Gael sta bene, con la madre ha rapporti quotidiani tramite Whatsapp».

Mengucci ora aiuta i genitori come lui: «Vi spiego le problematiche»

Mengucci, che lavora nello studio legale del padre, si è specializzato in sottrazione internazionale di minori, seguendo casi in tutta Italia che riguardano sottrazioni in sud America ed Europa. L'intento è di aiutare chi sta vivendo quello che ha passato lui, di mettere a disposizione il suo know-how maturato sul campo.  «Il sottrattore provoca sempre una Pas, ovvero la sindrome da alienazione parentale. Nel 90% dei casi elimina la figura dell'altro genitore. A Gael, che aveva 3 anni, dicevano che ero morto o che non lo volevo più vederlo. Quando è tornato in Italia aveva 5 anni e mezzo, era un bambino sveglio e si è ricordato subito della sua casa di Pesaro. Mi diceva: "Papà, io avevo parlato con te al telefono. Mi faceva strano che non mi volessi più". I bambini, purtroppo, sono le vittime di questi atti di sottrazione anche perché, nel 90% dei casi, vivono come latitanti».

«I bambini vengono segregati. A Gael lo chiudevano in bagno quando suonava il campanello»

 Ci sono anche sentenze favorevoli ma il problema è che la Convenzione dell'Aia è molto difficile da applicare. «Io seguo vari genitori, in tutta Italia, sia papà che mamme - racconta Mengucci -. Perché il problema non cambia in base al genere: quello che cambia è la capacità che ha un genitore di dare amore e tranquillità emotiva e pratica, ai figli, nella vita di tutti i giorni. Tantissimi i casi che riguardano la Romania. Ad una mamma rumena di Busto Arsizio siamo riusciti a riportare la figlia, nata e cresciuta in Italia. La materia è complessa, ci sono diverse questioni tecniche. Io le ho apprese sulla mia pelle. Anche se c'è una sentenza di rimpatrio l'esecutività è difficile anche per la poca collaborazione, spesso, della polizia locale.  Se alla prima udienza il sottrattore si costituisce, per esempio, bisogna subito chiedere che il minore venga accompagnato in una struttura protetta evitando che una volta finita l'udienza scatti la latitanza. Mio figlio, per esempio, si ricorda che in Messico era tenuto in una casa praticamente segregato: se suonava il campanello lo chiudevano nel bagno».

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