Rivoluzione per la sanità: Marche Nord provinciale affiancata da altre 4 aziende

L'ospedale di Muraglia
L'ospedale di Muraglia
di Lorenzo Furlani
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Mercoledì 28 Luglio 2021, 09:59 - Ultimo aggiornamento: 29 Luglio, 10:03

PESARO  - Più che una riforma, una rivoluzione sanitaria. L’azienda ospedaliera Marche Nord non sarà abolita con il superamento dell’ospedale unico di Pesaro e Fano, in funzione del quale era stata istituita con la legge regionale 21 del 2009, diventando operativa dal primo gennaio 2011. Nel senso ampio inteso dall’assessore regionale alla sanità Saltamartini, verrà in qualche modo rilanciata nella revisione complessiva dell’organizzazione sanitaria regionale.

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Ma, secondo il disegno che si va delineando nel confronto interno alla giunta e alla maggioranza del governatore Acquaroli, cambierà completamente pelle e porterà con sé una profonda ristrutturazione del servizio sanitario regionale.

Tanto che questo adeguamento non maschererà un recupero del disegno di Ceriscioli (come qualcuno spera e qualcun altro teme), ma sarà il colpo di maglio definitivo allo storico progetto sognato dei maggiorenti del partito egemone pesarese, e condiviso a caduta da vari soggetti, per creare un polo ospedaliero di eccellenza a Nord delle Marche alternativo all’ospedale regionale di Torrette di Ancona.

Progetto in fieri
Con questo progetto in fieri si mira a recuperare l’assetto delle aziende Usl, secondo l’altra linea di indirizzo del programma elettorale sulla sanità del centrodestra che insieme al recupero delle funzioni ospedaliere di prossimità prevedeva di valorizzare l’autonomia delle Aree vaste. Al contempo questa organizzazione, secondo l’ipotesi allo studio, sarà adeguata alle urgenze segnalate dalla pandemia dando autonomia gestionale alla medicina del territorio, in base anche all’indirizzo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che alla sanità distrettuale destina la maggior parte delle risorse previste al capitolo salute.

Quindi, l’azienda ospedaliera Marche Nord assumerebbe una competenza provinciale inglobando la gestione anche degli ospedali di Urbino e di Pergola, con un’evoluzione che non costituirebbe un’eccezione nel panorama regionale bensì verrebbe affiancata dalla nascita di altre 4 aziende territoriali, una per ciascuna provincia, alle quali farebbe capo l’amministrazione degli ospedali dei rispettivi ambiti (sul calco di Marche Nord, tali aziende potrebbero assumere un nome che valorizzi la collocazione al Centro, al Sud e nel Piceno della regione, ma tale aspetto è meramente nominale). 

Una supervisione regionale sui conti
Un compromesso riguardo all’autonomia potrebbe essere la predisposizione di una supervisione regionale sui centri di spesa al fine di tenere, comunque, sotto controllo i conti. Rispetto all’assetto storico precedente della sanità, la novità sarebbe lo scorporo, da queste aziende, della sanità territoriale che farebbe capo a un’azienda regionale esclusiva, evoluzione dell’attuale Asur, al fine di fare tesoro, con questa revisione del servizio sanitario regionale disciplinato dalla legge 13 del 2003, dell’insegnamento dell’attuale emergenza sanitaria sia organizzando strutture ospedaliere filtro (per evitare il collasso dei centri di cura principali come è capitato a Marche Nord nella prima ondata della pandemia e all’ospedale di Torrette di Ancona nella terza ondata), sia potenziando i servizi territoriali di prevenzione e presa in carico domiciliare e residenziale dei pazienti. Verrebbero confermate le aziende Ospedali Riuniti di Ancona e Inrca, le uniche a erogare prestazioni ospedaliere di secondo livello, e si passerebbe dalle attuali 4 aziende sanitarie marchigiane a 8.

No all’accentramento mascherato
Quindi, tutt’altro che funzionale a creare “ospedali unici mascherati”, come teme il comitato pro ospedali pubblici Marche (ma non è il solo), questa organizzazione, nelle intenzioni dei promotori, dovrebbe anche favorire, compatibilmente con le risorse finanziarie e soprattutto la disponibilità di medici e infermieri, il recupero graduale delle funzioni degli ospedali minori chiusi con la riforma Ceriscioli. È questo il modello della rete ospedaliera integrata con il quale in Emilia Romagna e in Veneto è stato applicato il decreto ministeriale 70 del 2015. Calato sulla realtà provinciale, tale modello porterebbe ad avere a Pergola un ospedale di base, per la deroga dell’area disagiata, e a Urbino, Pesaro e Fano ospedali di primo livello. È da definire se Pesaro e Fano manterrebbero l’attuale organizzazione di ospedale integrato, distribuito su più presidi, come potrebbe essere per gli ospedali di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto. Certamente, gli ospedali marchigiani autonomi non potrebbero essere più di 10, per rispettare su base regionale il parametro minimo dei bacini da 150mila abitanti.

Tornano i punti di primo intervento
A Sassocorvaro verrebbe aperto un punto di primo intervento, associato a posti letti ospedalieri, connesso all’ospedale di Urbino. Ma anche a Cagli e Fossombrone, così come in altri centri della regione, potrebbero essere sviluppate funzioni ospedaliere decentrate. L’obiettivo è il miglioramento dell’offerta sanitaria e, quindi, la riduzione della mobilità passiva. A questa visione, che deve essere ancora pienamente condivisa dalla maggioranza regionale, dovranno dare concretezza con i relativi atti l’assessore alla sanità Filippo Saltamartini e l’assessore all’edilizia sanitaria Francesco Baldelli.

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