Sanità, «Con il payback falliamo tutti». Scoppia la bagarre in consiglio regionale

Sanità, «Con il payback falliamo tutti». Scoppia la bagarre in consiglio regionale
Sanità, «Con il payback falliamo tutti». Scoppia la bagarre in consiglio regionale
di Martina Marinangeli
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 04:30 - Ultimo aggiornamento: 11:19

ANCONA - Il nervo scoperto del payback scatena la bagarre in Consiglio regionale. Per capirci, parliamo di quel meccanismo che impone alle aziende fornitrici di dispositivi medici di pagare un conto salatissimo per contribuire al ripiano degli sforamenti della sanità pubblica. Nelle Marche parliamo di una cifra monster di 65,5 milioni di euro - prima che il governo, lo scorso marzo, istituisse un fondo nazionale con il cosiddetto Decreto Schillaci, il salasso era addirittura di 136,5 milioni - per rientrare dei 292.197.000 euro in più spesi dalle quattro aziende ospedaliere marchigiane (Torrette, Asur, Inrca e Marche Nord) tra il 2015 ed il 2018.

Alle imprese sono state chieste somme fino a quasi 10 milioni di euro.

Una mannaia che rischia di far saltare non pochi bilanci. 

L’allarme

«Tutte le aziende marchigiane coinvolte (circa 45 che impiegano almeno 750 addetti, ndr) falliranno se la politica non interviene», l’allarme lanciato da referenti regionali di Pmi Sanità Marco Micucci e Gabriele Ferretti, che ieri hanno guidato la delegazione delle imprese del settore a Palazzo Leopardi. Una presenza, la loro, legata al fatto che in aula era in discussione una risoluzione - concordata tra il capogruppo di FdI Carlo Ciccioli e il consigliere dem Fabrizio Cesetti, poi approvata all’unanimità - finalizzata a ricalcolare la spesa effettivamente sostenuta per l’acquisto dei dispositivi medici da parte della Regione Marche (in molti casi, infatti, nel conteggio sono stati inseriti anche elementi che non rientrano nel novero dei dispositivi medici, come ad esempio il mobilio), prorogare i termini di pagamento delle aziende in scadenza al 31 luglio e promuovere in sede di Conferenza Stato-Regione un’intesa sul payback. La giunta, per voce dell’assessore al Bilancio Goffredo Brandoni, ha assicurato che si farà carico di trovare, di concerto con il governo nazionale, soluzione compatibile con quella che, comunque, è una legge nazionale. E il governatore Francesco Acquaroli ha appuntamento con la sottosegretaria al Ministero di Economia e Finanza Lucia Albano per trovare il modo di mitigare gli effetti della mannaia del payback, pronta a calare il 31 luglio. La decisione non può infatti essere presa dalle Regioni in ordine sparso. Senza contare che i bilanci dei Sistemi sanitari regionali risentirebbero di questa mancata entrata, prevista per effetto dell’articolo 9 ter del Dl 78 del 2015 varato dall’allora Governo Renzi. Distinguo che, in aula sono stati sottolineati dal dem Cesetti, guadagnatosi per questo gli strali degli operatori presenti. «Da una parte ci sono le ragioni delle aziende che rischiano di fallire e di non poter fornire più i dispositivi medici, ma dall’altra c’è sicuramente l’interesse del bilancio regionale - ha fatto notare il consigliere -. E se la legge impone alla Regione di recuperare 136 milioni di euro, nel caso non lo facesse sarebbe inadempiente e non potrebbe garantire servizi sanitari. Evitiamo la sentenza del Tar del Lazio, perché se è favorevole alle aziende, crea un danno enorme alla Regione: se è favorevole alla Regione, crea un danno enorme alle aziende». Ha poi aggiunto: «L’interesse pubblico non può piegarsi alle ragioni, pur legittime, delle aziende fornitrici. Non si può scrivere che sono stati fatti errori, perché l’avvocato di controparte prende l’atto, lo produce al Tar e la Regione perde la causa. Non si può fare». A questo punto, dagli spalti sono volati insulti anche pesanti all’indirizzo di Cesetti, che in tutta risposta ha dichiarato: «Chi mi intimorisce deve ancora nascere. Poi nel caso possiamo vederci anche fuori». Uno show sopra le righe che testimonia quanto sentito sia il tema.

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