L’Adriatico si scalda, meno seppie e mazzancolle: al largo delle Marche il granchio blu e l'astice americano

L’Adriatico si scalda e cambia la sua fauna: in mare il granchio blu e l’astice americano
L’Adriatico si scalda e cambia la sua fauna: in mare il granchio blu e l’astice americano
di Veronique Angeletti
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Martedì 22 Agosto 2023, 03:50 - Ultimo aggiornamento: 23 Agosto, 07:58

ANCONA - Bello ma molto vulnerabile, il nostro Adriatico. È tra i mari meno profondi e, quindi, si riscalda ad un ritmo maggiore. A lanciare l’allarme ci pensa il Cnr Mrd Sea Surface Temperature (SST), le cui analisi indicano che il Mediterraneo ha raggiunto la temperatura media delle acque superficiali di 28,4 °C, lunedì 24 luglio, superando la soglia storica di 28,25°C del 23 agosto 2003, con un picco di temperatura di 28,71°C. Fenomeni episodici di ondate di calore che preoccupano molto gli scienziati per i loro effetti nefasti. Il mare ospita nuove specie come il vorace ed invasivo granchio blu ghiotto di vongole che sta danneggiando l’economia del mare dell’alto Adriatico, anche se sui nostri fondali la sua presenza è ancora sporadica. 


Le migrazioni


Le migrazioni delle creature marine, lo sbilanciamento degli ecosistemi, l’acidificazione del mare.

Gli effetti si vedono nel lavoro quotidiano degli addetti del comparto della pesca e del commercio del pesce fresco. Per capire i cambiamenti del nostro mare, un giro al mercato ittico è d’obbligo. Come quello di Civitanova Marche. A far da Cicerone, la vicedirettrice, la dottoressa Luisa Ferraccioni che, da 25 anni, sovrintende la struttura. Codificando le specie che possono andare all’asta, ha il controllo del pescato e una visione pragmatica sulle dinamiche del pesce fresco catturato nel tratto marchigiano. Tuttavia, fa due premesse. La prima che si tenga conto che, in un quarto di secolo, tra l’influenza delle politiche europee e scelte di armatori di rottamare le barche, la flotta civitanovese si è più che dimezzata. Da 62 barche oggi conta solo 30 imbarcazioni. E poi, come in agricoltura, della stagionalità del pesce fresco nell’anno e dell’andamento dell’anno stesso. «Perché - spiega - d’estate, ad esempio, si pescano più alici e, a primavera, più sgombri e le condizioni climatiche dell’anno possono favorire o penalizzare una specie». 


I cambiamenti


I cambiamenti? «Da 7-8 anni - racconta Ferraccioni - capita spesso sui banchi il “pesce serra” pescato nel nostro Adriatico». Si chiama anche “limone” o “Sauro imperiale”, ha un sapore più deciso, carni più asciutte ed è un valido sostituto della più pregiata spigola. Ma è pure un famelico e prepotente predatore originario dall’Oceano Indiano che, passando dallo stretto di Gibilterra, sta colonizzando il Mediterraneo. «Inoltre smerciamo - prosegue la vicedirettrice del mercato - grandi quantitativi di gamberetti rosa del versante tirrenico e dello stretto di Sicilia che prima si pescavano poco nel nostro mare. In compenso, stanno diventando sempre più rare le mazzancolle tipiche dell’Adriatico (lunghe tra i 10 e i 15 cm, assomigliano ai gamberi e una caratteristica coda a ventaglio, ndr). Come sono molto diminuite le seppie, i polpi, i moscardini, insomma il “mollame”. In compenso, abbondano adesso i naselli e capita ogni tanto splendidi tonni rossi». 


Il tonno più pregiato che, non a caso, predilige vivere in acque lontane dalle coste e a temperature non inferiori a 10°C (si dice che è un pesce a sangue caldo). Specie aliene? «Un raro esemplare di astice americano - risponde Luisa – catturato addirittura assieme ad un astice nostrano, europeo, al largo di Civitanova da un’imbarcazione con la rete a strascico. E poi, c’è il problema del “pesce balestra” detto anche “porco”. Appartiene ai nostri mari ma questo pesce cresciuto nei mari tropicali ha tossine velenose e visto il processo cosiddetto di tropicalizzazione delle acque per stare sicuri non vendiamo all’asta quello nostrano».


L’Adriatico davanti alle coste marchigiane è anche un’ambita meta per i subacquei. Vanta una biodiversità-perno nella mappa delle immersioni stilata da Marco Giuliano del Centro Sub Monte Conero. Il monte soprannominato “il gomito d’Italia” perché spezza la costa adriatica in due tratti con orientamenti diversi che, sottolinea Marco, «ha lasciato dei fondali rocciosi e frastagliati che ospitano numerosi organismi rari in altre parti della Penisola».


L’effetto alluvione


Nelle sue numerose immersioni, ha trovato spesso delle specie aliene, ma non quest’anno. La stagione attuale non è stata un granché: «L’alluvione in Emilia-Romagna ha depositato uno spesso strato di sedimento di limo fangoso, facilmente sollevabile e che ha ostacolato la chiarezza dell’acqua e la visibilità». Unico vantaggio: «Ha portato molti nutrienti e ci fa sperare in una prossima stagione con fondali ancora più ricchi di biodiversità».
 

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