Gloria Ghergo 10 anni dopo “Il giovane favoloso”: «Ero Silvia di Leopardi, ora faccio l’infermiera»

Gloria Ghergo 10 anni dopo “Il giovane favoloso”: «Ero Silvia di Leopardi ora faccio l’infermiera»
Gloria Ghergo 10 anni dopo “Il giovane favoloso”: «Ero Silvia di Leopardi ora faccio l’infermiera»
di Maria Teresa Bianciardi
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Sabato 3 Febbraio 2024, 04:00 - Ultimo aggiornamento: 16:04

Sono passati 10 anni da quando Mario Martone è sbarcato con la sua troupe a Recanati per girare le scene del film “Il giovane favoloso”, interpretato da Elio Giordano. Dieci anni da quando Gloria Ghergo ha ridato vita a Teresa Fattorini, la Silvia di Giacomo Leopardi in un incrocio di destini che l’ha portata improvvisamente alla ribalta del cinema internazionale.

Gloria Ghergo: nel 2014 aveva 21 anni, studiava all’Università e lavorava in un’osteria.

«E non pensavo certo che avrei fatto l’attrice. Il cinema mi piaceva, e mi piace ancora, ma come spettatrice».

Invece un giorno il destino le ha fatto una sorpresa.

«Martone era a Recanati per girare il film su Leopardi e ancora non aveva trovato chi potesse interpretare Silvia. Un giorno alcune persone della troupe chiesero di me al titolare del locale dove lavoravo e mi proposero di fare un provino. È iniziata così».

Che effetto le ha fatto entrare nei panni di Silvia? Da recanatese respira da sempre l’aria leopardiana che trasmettono quei luoghi.

«Il primo giorno è stato impegnativo perché non avevo mai recitato, specialmente davanti alle telecamere. Arrossivo con facilità per l’emozione e mi dovevano mettere un mare di trucco sul volto per nascondere il colorito».

Martone la tranquillizzava?

«Eccome. Mi diceva di stare serena, di essere il più naturale possibile e di parlare in dialetto. Silvia infatti era una popolana e io dovevo interpretarla così come era stata. Ma sa cosa accadeva? Facevo fatica pure a tirare fuori l’inflessione recanatese, tanto ero impegnata a dare il massimo».

Nei quattro giorni di riprese è stata catapultata in un altro mondo.

«Tutta Recanati lo è stata. La città era tornata ai tempi di Leopardi, giravano le comparse nei vestiti d’epoca, le strade erano state nascoste da strati di sabbia e pietriccio. Una frenesia incredibile. Io stessa ho dovuto imparare a lavorare al telaio. E ricordo ancora l’imbarazzo di quando dovevano girare le scene dove Silvia e Giacomo, interpretato da Elio Giordano, si scambiavano certi sguardi».

Il momento più difficile sul set?

«Rappresentare la morte di Silvia.

Sono stata due volte in sala trucco perché in un primo momento mi avevano trasformato il viso come una porcellana, però Martone non era convinto. Voleva un colore più realistico, quindi ricominciammo daccapo. Il cinema è così, passi le ore a prepararti per una scena che dura una manciata di secondi».

“Il giovane favoloso” è stato un film attesissimo ed è stato presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia. Peccato che lei non c’era.

«Vero. In quel periodo ero impegnata in una missione umanitaria in Burundi con una parrocchia di Recanati. Avevamo organizzato da tempo quel viaggio e non me la sono sentita di rinunciare. Comunque ero degnamente rappresentata: c’erano i miei genitori ed i miei suoceri. Poi a Venezia sono andata appena rientrata dall’Africa».

Rimembra quei giorni?

«Come un momento che ha arricchito la mia vita».

Ha mai pensato di intraprendere la carriera di attrice?

«Veramente no. Avevo iniziato un percorso diverso, ho continuato a studiare Scienze infermieristiche: mi sono laureata, ho fatto la Magistrale e un master. Adesso sono infermiera nel reparto di Terapia intensiva a Torrette».

Si è sposata nel 2020 in piena emergenza Covid.

«Quando è esploso il Coronavirus lavoravo al Pronto soccorso dell’ospedale di Rimini: non dimenticherò mai il senso di impotenza, la paura nei pazienti, il timore di non sapere cosa sarebbe accaduto il giorno dopo. Con mio marito avevamo deciso di rinviare le nozze, ma alla fine abbiamo scelto di sposarci lo stesso. Lo scorso luglio siamo diventati genitori di Lodovico».

Un nome di altri tempi, nostalgia dell’epoca leopardiana?

«Chissà (ride)».

Se un giorno le chiedessero di tornare sul set?

«Mi piacerebbe, ma credo che come tutte le professioni anche il mestiere dell’attore debba seguire un percorso di studio e di completa preparazione. Per me è stata solo un’avventura intensa che si è chiusa con la fine delle riprese».

Dopo l’ultimo ciak?

«La famiglia Leopardi ci ha invitato in una tenuta per festeggiare. Un momento intenso. Indimenticabile».

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