Il direttore della Clinica di Malattie Infettive di Torrette: «I No-vax con la polmonite? Secondo loro non è Covid»

Parla l'infettivologo della clinica a Torrette

Il prof Andrea Giacometti, direttore della Clinica di Malattie infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona
Il prof Andrea Giacometti, direttore della Clinica di Malattie infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona
di Martina Marinangeli
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Domenica 1 Agosto 2021, 02:35 - Ultimo aggiornamento: 2 Agosto, 09:31

ANCONA - Professore Andrea Giacometti, primario della Clinica di Malattie infettive dell’azienda Ospedali riuniti di Torrette, i casi aumentano ormai da settimane: con questi ritmi, è possibile fare una previsione di quale sarà la situazione degli ospedali nel prossimo futuro? 


«Oggi (ieri, ndr) abbiamo ricoverato il quinto paziente Covid nel reparto Clinica Malattie infettive. In Divisione ne hanno altri sette. Più ce n’è un tredicesimo al Salesi. C’è già un aumento: dieci giorni fa io ne avevo zero ed in Divisione ne avevano due. Su 40 posti letto che abbiamo nella palazzina di Malattie Infettive, penso che entro fine estate almeno la metà saranno impegnati per i Covid. Spero bastino i nostri reparti e la Rianimazione per contrastare la quarta ondata - che per noi è cominciata, benché lentamente – senza coinvolgere gli altri reparti, creando problemi ai pazienti non Covid». 

 
In che condizioni sono i pazienti ricoverati nel suo reparto?
«Tutti e cinque hanno la polmonite: due hanno avuto bisogno anche questa mattina (ieri, ndr) del rianimatore, che è venuto in reparto a darci una mano».


Un’estate più “tosta” rispetto a quella del 2020.
«Lo scorso anno abbiamo dimesso gli ultimi pazienti Covid a maggio.

Poi abbiamo passato i mesi di giugno e luglio senza nuovi ricoveri ed il primo della seconda ondata è arrivato il 2 agosto. Quest’anno, ci sono stati solo pochi giorni ad inizio luglio senza Covid. Non c’è stata una reale scomparsa della casistica». 


La differenza a cosa può essere dovuta? 
«La variante Delta è più contagiosa, ed il virus è più diffuso nella popolazione. Ma il vaccino si fa sentire. Stiamo ricoverando giovani per lo più, con un’età media di 45-50 anni».


Sono vaccinati? 
«Dei cinque ricoverati che abbiamo, quattro sono non vaccinati. Di questi, due sono dichiaratamente no-vax, mentre altri due hanno detto di aver dovuto rinviare la vaccinazione per motivi personali e, in parte, perché erano frastornati da tutte le notizie che si sentivano. Il quinto, invece, era vaccinato con doppia dose di Astrazeneca, ma ha una polmonite in forma molto leggera». 


I no-vax che ora sono ricoverati, hanno cambiato idea sul vaccino?
«Hanno comunque un atteggiamento scocciato ed indisponente. Pensano di avere una polmonite contratta per chi sa cosa e che noi diciamo sia per Covid. Ai no-vax direi che ci costano tanto non solo per le terapie, ma anche per l’uso dei materiali, come ad esempio quelli per la vestizione».

 
Un circolo vizioso da cui è difficile uscire.
«Dato che i non vaccinati saranno la minoranza, i reparti di Malattie infettive dovrebbero essere sufficienti. Temo però che, per almeno un paio di anni, continueremo ad avere qualche ricoverato per Covid, come è stato per l’Aids. Negli anni ‘80-‘90 avevamo un reparto interamente dedicato a questa patologia. Poi sono arrivati i farmaci ma, nonostante ciò, abbiamo sempre uno o due pazienti Aids tra chi non aderisce alla terapia e chi ancora non ci crede».


A che punto siamo con le cure contro il Covid? 
«Siamo ancora fermi all’antivirale Remdesivir, che però non ha un’efficacia altissima. In ogni caso, anche i no-vax dichiarati non l’hanno rifiutato».

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