RECANATI - Padre e figlia avrebbero fatto leva sul fervore religioso e sulla fragilità emotiva di sei persone convincendole a consegnare loro circa 1.133.000 euro complessivi per “purificarli” attraverso specifici riti. Entrambi sono accusati di truffa aggravata. Il marito di lei, invece, deve rispondere di riciclaggio: avrebbe fatto trasferimenti di parte di quel denaro per cercare di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di quei soldi.
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Tutti e tre, ieri, sono stati rinviati a giudizio, sono difesi dagli avvocati Simone Santoro e Giada Micucci.
Così nel corso degli anni avrebbero convinto le sei persone a consegnare loro in più tranche titoli e somme di denaro fino ad arrivare alla cifra da capogiro di un milione e centotrentatremila euro. Ciascuno in base alle proprie possibilità (ma c’è chi ha anche acceso dei mutui per procurarsi altro denaro) ha consegnato somme di rilievo: una vittima ha consegnato 480.000 euro da purificare, un’altra ha allungato 430.000 euro, un’altra donna ha messo nelle mani dei recanatesi 200.000 euro, un’altra 23.000 euro, residuo di 159.500 euro in gran parte restituita. Al di là dei benefici che quei riti propiziatori avrebbero dovuto portare, il vero problema è stato che quei soldi prestati non sono mai tornati nelle mani dei proprietari, tanto che ad essere “ripuliti” alla fine erano state le vittime e non il denaro.
Paccamiccio, invece, è accusato di riciclaggio, per l’accusa avrebbe compiuto operazioni per ostacolare l’identificazione della provenienza di parte di quel denaro. Gli imputati ieri non hanno voluto accedere a riti alternativi che avrebbero consentito loro, in caso di condanna, di ottenere uno sconto di pena e sono stati rinviati a giudizio. Il processo a loro carico si aprirà a settembre.