Sei testimoni raccontano le confidenze della donna. «Liti continue e dispetti in casa». L’inferno di Rosina Carsetti rivive in aula

Sei testimoni raccontano le confidenze della donna. «Liti continue e dispetti in casa». L’inferno di Rosina Carsetti rivive in aula
Sei testimoni raccontano le confidenze della donna. «Liti continue e dispetti in casa». L’inferno di Rosina Carsetti rivive in aula
di Benedetta Lombo
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Venerdì 13 Maggio 2022, 07:35

MACERATA  - «Ho visto due grossi lividi sul corpo di Rosi», «Io temevo per la vita di Rosi», «Ho visto anche i lividi. Una settimana prima mi disse che era caduta per le scale poi mi disse che era stata spinta». «Qualche volta mi diceva riferito ai familiari “Che farà? M’ammazzerà?”, lo diceva ironizzando perché Rosi non era una persona che si piangeva addosso, era orgogliosa, ma aveva paura», «Quel giorno era dolorante, le abbiamo dato il ghiaccio e ho visto i lividi. Soffrivo per la sua situazione e tutt’oggi non mi fa star bene», «Io ascoltavo, non le ho dato consigli. Una volta parlando del nipote disse “Questo è grande e grosso mi dà una spinta e m’ammazza”».


L’estetista, il macellaio, tre vicine di casa e il parrucchiere.

Sono i sei testimoni che ieri hanno dato voce a Rosina Carsetti, uccisa il giorno della vigilia di Natale del 2020 nella sua villetta a Montecassiano. Nel processo in Corte d’Assise hanno riferito le confidenze che la 78enne avrebbe fatto loro fino a pochi giorni o a poche ore prima di morire, rispondendo alle domande del pm Vincenzo Carusi e degli avvocati Valentina Romagnoli, Olindo Dionisi e Barbara Vecchioli che difendono i familiari di Rosi (marito, figlia e nipote) tutti accusati di omicidio. L’estetista Simona Paolini è stata la prima a dire di aver visto i lividi sul corpo di Rosi dopo che, al culmine di una discussione con la figlia Arianna Orazi, era stata spinta dalle scale.

«Era autonoma, indipendente, automunita, poi dopo l’arrivo della figlia e del nipote le avevano tolto l’auto, il cellulare e i soldi. Diceva che l’artefice era la figlia, era lei che decideva, Enrico il marito era succube, soggiogato. Quella volta dei lividi mi ricordo che io e le ragazze l’abbiamo aiutata a togliersi le scarpe perché le facevano male le costole. Non era andata al pronto soccorso e non aveva voluto denunciare. Dopo quella vicenda non era lei, si vedeva che non era serena, diceva di essere vittima tutti i giorni di dispetti da parte dei familiari. Le dicevo vai via ma lei voleva stare a casa “è casa mia”, mi rispondeva. Era grintosa aveva una personalità forte, per lei sarebbe stata una sconfitta andare via. Del nipote diceva che era viziatissimo, si lasciava molto condizionare da Arianna e nutriva astio nei confronti di Rosi».

«Rosi – ha raccontato Luciano Acciarresi, macellaio e vicino di casa – si lamentava che c’erano problemi dentro casa, la minacciavano sempre, una volta a un’amica disse “Se mi trovate morta non mi sono uccisa da sola ma mi hanno ammazzata”. Io temevo per la sua vita. La scala? Quella era mia è sempre stata lì, anche adesso sta lì, avevano detto che l’aveva usato il ladro per entrare». Un’amica: «Mi raccontava che c’erano liti frequenti con la figlia, diceva che aveva problemi alla tiroide ma non si curava, per quello era nervosa».


«Negli ultimi tempi – ha ricordato la vicina Carla Rocco - si sentiva male perché la trattavano male. “Vuoi sapere cosa è successo ieri?”, diceva e raccontava i dispetti subiti, la caldaia o la tv spenta, una volta disse che dovette farsi il bidet con l’acqua fredda, una volta era infreddolita perché le avevano spento i termosifoni. Si lamentava di tutti i componenti ma diceva che la figlia comandava tutti e il marito ne era succube e faceva tutto quello che lei gli diceva. Aveva appuntamento con un avvocato del centro antiviolenza, era intenzionata a dire all’avvocato di andarci giù duro». Un’altra vicina, Giorgia Silvestri: «Si vedeva anche esteticamente, prima era tutta curata poi si vedeva che stava male, a me faceva soffrire questa cosa».

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