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Prima dei fatti di cronaca che hanno sconvolto l’Italia, alcune zone di Macerata erano un bazar dello spaccio a cielo aperto. A cominciare dai giardini Diaz e dal parco di Fontescodella. Bastava andare lì e trovare droga (di tutto: eroina, cocaina, hashish e marijuana) era un gioco da ragazzi. Anzi, da ragazzini. Visto che anche tanti studenti acquistavano dosi dagli spacciatori, perlopiù nigeriani. Ora quegli spazi - è un dato di fatto - sono più sicuri. Sono finalmente tornati ad essere un luogo per famiglie, soprattutto di giorno. Parola degli stessi frequentatori: tutti riconoscono i risultati dei controlli della questura e dei carabinieri, ma nel contempo rilanciano, sollecitando uno sforzo ulteriore: garantire maggiore sicurezza anche di notte.
Chi lavora a stretto contatto con genitori, nonni e bambini è Riccardo Mazzucchetti, titolare con sua zia delle giostre per bambini presenti ai Giardini da ben 79 anni. «Forze dell’ordine e amministrazione comunale - ha dichiarato di recente - si sono prodigate per restituire alla normalità quello che per me è uno dei luoghi più belli di Macerata, e i risultati sono visibili. Vivo qui 13-14 ore al giorno e posso dire che il problema non esiste più con la stessa consistenza di allora». È scomparso il mercato a cielo aperto, appunto. Ma non lo spaccio. Quello è semplicemente cambiato. I pusher stanziali, dopo Pamela e Traini, hanno fatto i conti con un’attività repressiva quotidiana. Niente affatto gradita, viste anche le numerosi aggressioni subite da poliziotti e carabinieri durante i controlli. Ma alla fine si sono dovuti arrendere. O meglio, sono stati costretti a mutare strategia. Come? La strada racconta che ora gli spacciatori arrivano da fuori provincia. Da Ancona e Fabriano, e soprattutto da Perugia, dove lo smercio di droga da alcuni anni a questa parte ha assunto le dimensioni dell’emergenza. Ma anche dalla Campania (l’indagine “Nigerians” dei carabinieri, conclusa a maggio dello scorso anno, aveva portato alla luce un asse tra Macerata e Casal di Principe). I pusher arrivano in treno o in autobus e consegnano le dosi ai clienti. Prima di partire spesso le ingoiano, per evitare di finire in manette. E poi soddisfano le richieste dei consumatori sulla base di accordi presi in precedenza.
Dopo le maxi retate (su tutte l’operazione congiunta di polizia e carabinieri che aveva fatto scattare 27 misure cautelari), gli spacciatori si sono dunque organizzati a tempo di record. E altrettanto veloce è stata la contromossa delle forze dell’ordine. Ora a essere presidiati sono soprattutto il terminal dei bus in piazza Pizzarello e la stazione ferroviaria. E vengono monitorati gli arrivi da fuori provincia.
Alcuni esempi recentissimi. La Squadra mobile della questura e la polizia ferroviaria di Foligno il 14 settembre hanno arrestato un nigeriano di 26 anni, accusato di detenzione di eroina. Arrivando dall’Umbria aveva venduto circa 500 dosi a Macerata tra l’ottobre del 2018 e lo scorso maggio. L’altro ieri, invece, l’arresto del pusher, anche lui nigeriano, arrivato in bus da Ancona: aveva ingoiato dieci ovuli di cocaina. La risposta dello Stato non si è fatta attendere. Ma è una partita a scacchi. Molto difficile, ma possibile da vincere.
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