Sardegna, scoperto nel mare un tesoro di 50mila monete del IV secolo

Al largo di Arzachena, sulla costa Nord, gli archeosub hanno riportato alla luce un ricco deposito di follis risalenti al 324 d.C.

Sardegna, scoperto nel mare un tesoro di 50mila monete del IV secolo
di Laura Larcan
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Sabato 4 Novembre 2023, 16:58

Gli archeologi lo definiscono «il più ricco e vasto giacimento di monete del tardo impero mai rinvenuto prima». Un autentico tesoro di quasi 50mila monete di bronzo risalenti alla prima metà del IV secolo d.C. rimasto per millenni sui fondali del mare di Sardegna, al largo del territorio di Arzachena, sulla costa Nord dell'isola. La storia è degna di un film. A scoprire i reperti, infatti, è stato un residente di Arzachena per puro caso, durante un'immersione. Metti un filo di fortuna che non guasta, ma soprattutto l'occhio abile dell'esperienza in quelle acque, ed ecco intercettare un dettaglio strategico. Tra i movimenti del manto sabbioso del fondale ecco spuntare dei resti metallici a poca profondità, non molto distanti dalla costa.

 

L'ESPLORAZIONE

Di qui l'allarme. Il giorno dopo è partita la spedizione in forze. Gli esperti archeosubacquei della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Sassari e Nuoro insieme con i sub dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale della Sardegna. L'esplorazione ha dato i suoi frutti, in un grande spiazzo di sabbia che si apre tra la spiaggia e la posidonia. Stavano lì, concentrate in due macro giacimenti: eccole, grandi monete di bronzo che ad una prima stima si aggirerebbero tra i 30.000 e i 50.000 esemplari. Un ricco deposito complessivo di "follis" risalente alla prima metà del IV secolo d.C. «Sono molte di più, quindi, di quelle rinvenute nel 2013 nel Regno Unito, a Seaton, quando riemersero 22.888 follis», fanno sapere dal Ministero della Cultura che si sta occupando ora di seguire con tutto il suo staff l'operazione di recupero e conservazione dei reperti.

IL RELITTO NASCOSTO

Oltre alle monete sono state individuate anche pareti di anfore di produzione africana e, in minor numero, di produzione orientale.

Quello che sembra sicuto in queste ore è che «la posidonia, per posizione e morfologia del fondale, potrebbe conservare resti cospicui di un relitto». A sorprendere è lo stato di conservazione. «Tutte le monete prelevate sono in uno stato eccezionale e raro di conservazione. Solo 4 pezzi risultano danneggiati, anche se comunque leggibili», spiegano gli archeologi. Questa caratteristica ha permesso di datare perfettamente le monete: «vanno ricollegate ad un arco temporale tra il 324 (monetazione di Licinio) e il 340 d.C. Datazione confermata dalla presenza di monetazione di Costantino il Grande e da quella di tutti gli altri membri della famiglia presenti come Cesari ma soprattutto dall’assenza di centenionales, coniati a partire dal 346 d.C.». 

LE ZECCHE DELL'IMPERO

Altra particolarità, il gruppo dei follis recuperato proviene da quasi tutte le zecche dell’impero attive in quel periodo ad eccezione di Antiochia, Alessandria e Cartagine. «Il tesoro rinvenuto nelle acque di Arzachena rappresenta una delle più importanti scoperte di reperti numismatici degli ultimi anni - commenta il Direttore generale Archeologia Luigi La Rocca - ed evidenzia ancora una volta la ricchezza e l’importanza del patrimonio archeologico che i fondali dei nostri mari, attraversati da uomini e merci fin dalle epoche più antiche, ancora custodisce e conserva. Un patrimonio straordinario ma anche molto fragile, costantemente minacciato da fenomeni naturali e dall’azione dell’uomo, sulla cui tutela il Ministero, attraverso l’azione delle sue strutture centrali e periferiche, ha sviluppato metodologie e tecniche di recupero e di conservazione di straordinaria efficacia e messo in campo innovative strategie di valorizzazione».

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