​Il finocchietto selvatico gourmet. Ecco tutti i segreti e i trucchi in cucina per gustarlo al top

Il finocchietto selvatico gourmet. Ecco tutti i segreti e i trucchi in cucina per gustarlo al top
​Il finocchietto selvatico gourmet. Ecco tutti i segreti e i trucchi in cucina per gustarlo al top
di Véronique Angeletti
3 Minuti di Lettura
Sabato 26 Agosto 2023, 14:36 - Ultimo aggiornamento: 14:50

L'umanità deve molto al finocchietto selvatico. In pratica fu merito suo se si passò dal mangiare crudo al cotto. Almeno dal mito di Prometeo che rubò la sacra fiamma a Zeus nascondendo una scintilla nel gambo del finocchietto selvatico per regalare il fuoco all'uomo. A cui si aggiunge un altro mito: le sue proprietà afrodisiache. Le narra Plinio nella sua Storia naturale e lo testimonia la testa incoronata di finocchio dei sacerdoti nelle feste di Dioniso, il dio del vino e del rinnovarsi della vita. Anche se il suo successo lo deve più di tutto alle sue doti rinfrescanti, carminative, rigeneranti e aromatiche.

Nel Medioevo

Ci sono testimonianze che, già nel Medioevo, si usava per aromatizzare ricette di maiale, salumi (la nota finocchiona) e che i tavernieri sfruttavano il suo profumo per coprire la pessima qualità del vino. Furba usanza all'origine del verbo "infinocchiare". Nelle Marche è quasi un'istituzione. In particolare, nel Pesarese. Di fatto nel comprensorio del Monte Catria, l'amministrazione di Frontone, dopo la crescia De.Co ha di recente fatto del "Coniglio in porchetta" un piatto a Denominazione Comunale. Caldo era "da cerimonia", freddo "da gita", ogni famiglia aveva la sua ricetta che, in qualche modo, è stata storicamente codificata con una sagra ad agosto della Pro loco che ha al suo attivo ben 67 edizioni. Lato Monte Nerone, a Cagli, lo chef Gabriele Giacomucci della Gioconda, il ristorante che ha vinto il game tv "4 Ristoranti" per la cucina del tartufo di Acqualagna, lo declina in un fondo bruno con una punta di anice stellato che esalta il gusto "selvatico" della suprema di faraona mentre Valerio Ferri a "Le Fontane" profuma gli spaghetti.

Fa appassire della cipolla con del pepe e il lardo tagliato a listarelle unisce le barbe del finocchio selvatico tritate, sfuma con della grappa e aggiunge il nobile formaggio di fossa. In riserva, ha pure un distillato al finocchietto. Anche con il pesce, questa sensuale pianta va d'amore e d'accordo. Le tradizionali lumache di mare insegnano.

La mazzola

Alla Lanterna di Fano, Flavio Cerioni e lo chef Elide Pastrani, a primavera inoltrata, lo usano fresco per dare quel gusto particolare alla mazzola detta gallinella di mare. Un pesce dell'Adriatico che cibandosi di granchi ha un sapore di carne che viene perfezionato con una battutina di guanciale e il finocchietto selvatico. Come le barbe rendono speciali le loro "CrescTajat", una pasta ricavata dalle cresce di polenta servita con scampi. Ma se è vero che il mare nelle Marche si declina anche lui al plurale, ogni tratto di costa cela le sue bellezze e ogni marineria ha la sua cucina, è altrettanto vero che a rendere unico l'Adriatico marchigiano sono i moscioli, Presidio Slow Food e i paccasassi del Conero, il finocchietto del mare. Le ha riuniti il versatile chef Walter Borsini, docente all'alberghiero di Loreto e consulente executive chef del Fortino Napoleonico. Ha in pratica codificato innovando il mosciolo ripieno di carni, piatto tipico anconetano. La sua versione intreccia tecnica e passione con quel pizzico di creatività che fa la differenza. Riempie a crudo i molluschi con le carni di maiale, di vitello, mortadella, pecorino, pane raffermo e un trito di paccasassi e, chiusi, le cuoce con spicchi d'aglio in camicia, cipolla, pomodoro e vino. Da mangiare in riva al mare.

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