Una volta lo chiamavano il "cacio dé met", il formaggio dei matti, perché folle era l'idea di farlo stagionare per cento giorni in un buco scavato nell'arenaria. Un ambiente senza ossigeno da dove le forme escono schiacciate ed irregolari. Fosse che gli regalano quel profumo unico che pone il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop nel gotha dei formaggi italiani. Un Principe con un vero feudo. Quello dove si produce il latte che, non a caso, ricalca quasi i confini dei nobili Malatesta di Rimini che, tra il 1300 e il 1500, estese il suo dominio da parte della Romagna fino ai Sibillini, conservato sotto forma di formaggio in silos ipogei mimetizzate nel pavimento. Segrete dispense in caso di attacchi nemici e durante le carestie.
Santa Caterina d'Alessandria
Oggi, giorno di Santa Caterina d'Alessandria, è per tradizione quello della sfossatura per i fratelli Fabbri di Perticara a Novafeltria. Dalla loro storica fossa vestita di paglia, incannata, cerchiata con del legno, e sigillata con un tappo di legno, gesso e sabbia, uno alla volta, gli operatori fanno uscire i sacchi di cotone bianco custodi ognuno di otto forme. Trentacinque quintali del "Santa Caterina", formaggio del caseificio Fattorie Marchigiane di Colli al Metauro del gruppo "TreValli-Cooperlat" ottenuto con il latte della cooperativa agricola del Petrano. Alla vista, ha una pasta compatta con occhiatura fine e ben distribuita, di colore giallo opaco con striature ambrate; all'olfatto, è intenso; al gusto ha un'aromaticità che richiama il fieno, la paglia di grano, note salmastre, fungo secco.
La personalità
Un formaggio dalla straordinaria personalità. «Conferita dalla stagionatura in fossa - spiegano il presidente di "Fattorie Marchigiane", Gianluigi Draghi e Paolo Cesaretti brand Manager di Trevalli che trasforma il formaggio ovino, vaccino o misto dal punto di vista fisico e chimico.