Green pass, la partenza è in salita. Ristoratori sul piede di guerra: «Siamo penalizzati, non possiamo fare pure i controlli​»

Green pass, la partenza è in salita. Ristoratori sul piede di guerra: «Siamo penalizzati, non possiamo fare pure i controlli »
di Francesca Pasquali
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Sabato 7 Agosto 2021, 07:25

FERMO - Smartphone in mano e imbarazzo. Sorrisi per sdrammatizzare e qualche sbuffo. È un mix di lamentele e dubbi il primo giorno di Green pass. Da apripista hanno fatto bar e ristoranti, palestre e musei. Più tutto il mondo degli eventi, sagre e fiere comprese. Il decreto che ha introdotto il certificato verde parla chiaro: i controlli spettano a proprietari, gestori e organizzatori. Che – dicono – di tutto hanno bisogno tranne che di questo peso in più.

 
I commenti
I social, ieri, erano tutto un «in quel posto non controllano», «in quell’altro ho fatto come sempre». Ma la maggior parte delle attività ha provato a mettersi in regola. Adesso che fa caldo, il problema ce l’hanno soprattutto i ristoranti senza posti all’aperto. Come Il Frantoio, nel cuore di Fermo. «È veramente pesante. Abbiamo già avuto diverse disdette. Nelle comitive, basta che uno non sia vaccinato e salta tutto», dice David Tomassetti, uno dei titolari. Ieri, a pranzo, c’era solo un tavolo occupato. Un gruppetto di olandesi, tutti con il Green pass. «Almeno ad agosto avrebbero potuto farci lavorare in pace, dopo un anno e mezzo così difficile», si lamenta il ristoratore. E avverte: «I documenti, io, non li controllerò. Non è il mio lavoro». Si riferisce alla verifica da fare dopo che il cliente mostra il certificato. Se l’app dice che va bene, scatta il controllo, per verificare che il codice sia davvero di chi lo mostra. Con i cinque o sei tavolini messi fuori, Marcello Polverini non se la passa tanto meglio. «Quelli che entrano ci guardano come marziani.

Come a dire: “Non vi fidate di me?”. E poi, per controllare il Green pass serve tempo. Se arriva una comitiva, si crea la fila», spiega il titolare del ristorante Emilio. Fuori, oltre ai non vaccinati, ci sono tre ragazzi. Tutti col certificato. «Il vaccino l’abbiamo fatto per uscire da questa situazione», dicono. Uno racconta che, poco prima, è stato in palestra. E che un giovane senza Green pass s’era dovuto allenare fuori, da solo. «Non è stata una bella scena, ma non si può fare diversamente», spiega. Quelli seduti ai tavoli vicino non hanno voglia di parlare. Dentro, a un tavolo ci sono due insegnanti. «Bisogna vaccinarsi per evitare la didattica a distanza. Ci ha sfiancato fisicamente e mentalmente», dicono.


I menù
Poco più in là, cinque ragazze che guardano i menù. Hanno al massimo vent’anni. Sono di Lecco. A Fermo sono venute in vacanza. «Per tornare alla normalità, ci affidiamo alla medicina», spiegano. Alessandra Corradini ha tappezzato la sua palestra di cartelli. Dentro e fuori, c’è scritto che, senza Green pass, lì, non si può stare. «C’è un po’ di confusione. Alcuni clienti – fa sapere la titolare della Colosseum – hanno fatto la prima dose, ma non sono passati quindici giorni. Li ho dovuti mandare via. Altri mi hanno già detto che non torneranno, perché non vogliono vaccinarsi. Per noi, è solo un altro danno». Quelli che possono si allenano. «Mi sono vaccinato – dice un uomo – solo per il lavoro che faccio. Altrimenti non l’avrei fatto. Alla fine, ti obbligano senza obbligarti».

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