FERMO - L’Area di crisi complessa ha mostrato tutti i suoi limiti e la Zona economica speciale è di la da venire. L’economia di un territorio è alla ricerca di aiuti, la calzatura vuole orientarsi per sapere quale strada prendere per poter sopravvivere. Nessuno sembra più credere nello strumento della Acc-Area di Crisi Complessa che però è l’unico attivo ora. Non ci crede nemmeno la Regione che dovrebbe finanziarla. Ancona punta alla Zes-Zona Economica Speciale.
L’incontro in Confindustria
L’assessore regionale Guido Castelli, nel corso di un incontro organizzato da Confindustria Centro Adriatico ormai un mese fa, disse chiaramente come per la parte della Acc che attraverso la legge 181/89, gestita da Invitalia, con agevolazioni per progetti superiori a 1 milione di euro: «La risposta ricevuta dal territorio non è stata convincente». È stata viceversa convincente quella parte, finanziata dalla Regione, che prevede progetti di importo inferiore a 1 milione di euro e più a misura di tessuto produttivo locale. A bocciare la Acc anche il consigliere regionale Andrea Putzu, che nella conferenza stampa del Tavolo competitività e sviluppo del Fermano disse: «Le aree di crisi non mi entusiasmano molto perché non hanno una legislazione che permette di avere delle agevolazioni. La Regione punta sulla Zes».
Le osservazioni
Nello stesso incontro, Moira Canigola, presidente della provincia di Fermo osservò come «l’Acc ha avuto dei tempi troppo dilatati tra progettazione e realizzazione». La stroncatura arriva anche dalle associazioni: «Come tempistica, e anche come tipologia di strumento, a conti fatti, ad oggi, questa misura è stata poco incisiva nel risolvere dei problemi che purtroppo stanno diventando cronici» è il pensiero di Alessandro Migliore, direttore Cna Fermo.
La posizione debole
Gli imprenditori calzaturieri temono che questa situazione di stallo possa aggravare la loro posizione economica, già debole. Se da un lato sono allettati dalla Zes, dall’altro chiedono misure più tempestive. «Abbiamo bisogno di un pezzo di pane ora e nel prossimo anno e non ci interessa mangiare una bistecca tra 4 anni» è la metafora usata da Valentino Fenni, reggente di Confindustria Centro Adriatico e vice presidente Assocalzaturifici, che fa il punto delle richieste della categoria: «La decontribuzione del 30%, come quella che prevede il decreto “Resto al Sud” è fondamentale non solo per la calzatura ma la Regione non ha potere decisionale. Ora ci sono i soldi che dovrebbero arrivare dall’Europa e che la Regione deve saper impiegare. Cosa vogliamo? Abbiamo bisogno di chiarezza per poter guardare al futuro con maggiore serenità. E no ad interventi spot».