Trasferta africana per l'arcivescovo di Fermo Pennacchio: «Noi non siamo l'ombelico del mondo»

Trasferta africana per l'arcivescovo di Fermo Pennacchio: «Noi non siamo l'ombelico del mondo»
Trasferta africana per l'arcivescovo di Fermo Pennacchio: «Noi non siamo l'ombelico del mondo»
di Chiara Morini
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Giovedì 16 Febbraio 2023, 04:55 - Ultimo aggiornamento: 10:48

FERMO - C’era anche l’arcivescovo di Fermo, Rocco Pennacchio, nella Prefettura di Robe, in Etiopia, in occasione dell’inaugurazione di un ospedale, realizzato grazie a fondi Cei e aiuti della diocesi fermana. L’arcivescovo era presente in duplice veste.

 
Il racconto


«Due anni fa – racconta – sono stato incaricato di presiedere il comitato Cei che destina gli interventi caritativi nei paesi in via di sviluppo. Nel frattempo, essendo giunta al termine l’edificazione dell’ospedale, come presidente e arcivescovo di Fermo, mi sono recato in Etiopia e con me c’erano don Pietro Orazi e don Mauro Antolini». Un altro Antolini, padre Angelo, prefetto apostolico di Robe, aveva preannunciato a Pennacchio l’imminente conclusione dei lavori. Un’ospedale destinato ai malati psichici, specialmente bambini. «È un centro sanitario a Robe – spiega -, circa 80mila abitanti, che si trova a 450 km a sud est di Addis Abeba. Nel territorio ci sono pochi cattolici e quest’opera della Chiesa si configura come un intervento caritativo».


Il contesto


Un mondo delicato, dove si inseriscono le malattie mentali, tanti tabù, rischio di emarginazione e quindi questo ospedale diventa un segno della «compassione verso i nostri fratelli e sorelle più deboli e sofferenti, anche di malattie neurologiche».

Ed è l’arcivescovo che ricorda la nascita del progetto «presentato alla Cei nel 2014 e finanziato con più di due milioni di euro dell’8x1000 destinato a interventi caritatevoli per i Paesi del terzo mondo. Anche i fedeli della diocesi di Fermo hanno contribuito con le raccolte promosse in questi anni dalla Caritas diocesana (quaresima di carità), per le quali una delle finalità era proprio la realizzazione di un ospedale nella prefettura apostolica di Robe. Ricordo anche che padre Angelo è un cappuccino originario di Santa Vittoria in Matenano». Pennacchio, in Etiopia per conto della Cei ha anche monitorato altre opere realizzate con l’8 per mille.

«Ho incontrato – ricorda – religiosi e laici italiani, accoglienti e premurosi verso il popolo in mezzo al quale vivono, come madri con i loro bambini che imparavano attività per vivere o ragazzi di strada raccolti con pulmino, e accolti in un centro di formazione professionale». Ha incontrato operatori diocesani, volontari del Cvm che nasce a Porto San Giorgio. Il ricordo dell’Etiopia che porta nel cuore, chiude, è quello di una «settimana di fraternità. All’inizio forse serve spirito di adattamento, forse troppo abituati alle comodità che sembrano necessità. E impagabili sono i sorrisi, gli incontri, le relazioni umane, l’essenzialità che invade il cuore».


Il ricordo


«Non dimenticherò mai - chiosa - le migliaia di persone in cammino a bordo strada nella polvere, con asini, agnelli, mucche spesso unica risorsa. Rientro con il desiderio di condividere ancora di più il cammino di questi fratelli e sorelle che ci insegnano, con i piccoli segni di attenzione e prossimità, a ridimensionare i deliri di onnipotenza che ci fanno sentire l’ombelico del mondo». 

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