Gli ottentotti di “Mary Poppins”. Quando il razzismo è fantasia

Gli ottentotti di “Mary Poppins”. Quando il razzismo è fantasia

di Giovanni Guidi Buffarini
4 Minuti di Lettura
Venerdì 1 Marzo 2024, 08:19

Ci siamo giocati pure “Mary Poppins”. Fino a poche ore fa, l'ultimo capolavoro di cui Walt Disney seguì la lavorazione era il film perfetto per i bambini. Il Vento dell'Est e il Vento del Nord, Julie Andrews governante ideale, i pinguini e i piccioni e la Signora dei Piccioni, «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù» e «Chi ben comincia è a metà dell'opera», e le piccole pesti che diventano buonissime e la passeggiata sui tetti e tutti i problemi familiari risolti e il volo dell'aquilone. Quale film migliore per intrattenere i pargoli? E invece no. Contrordine. “Mary Poppins” non va bene per niente, lo ha stabilito la Bbc. È discriminatorio. Contiene una parola («ottentotti») con cui ai primi del Novecento si definiva una popolazione sudafricana e che nel film viene riferita agli spazzacamini, il volto annerito dalla fuliggine. «Abbiamo capito dalle nostre ricerche sul razzismo e sulla discriminazione che i genitori temono di esporre i bambini a linguaggio o comportamenti discriminatori». I bambini, visto il film, potrebbero ripetere «ottentotti» senza conoscerne il significato e ciò non costituirebbe occasione di spiegazione bensì, né più e né meno, una tragedia.

Dunque d’ora in avanti, perlomeno in Inghilterra ma pazientate e ci si arriverà anche noi, “Mary Poppins” non sarà più considerato un film per tutti ma una visione sconsigliata ai minori di 12 anni a meno che accanto al pargolo non sia presente un adulto che gli scassi le balle, rompa l'incanto della proiezione, per avvertirlo - subito, diamine! - che quella parola un tempo si usava e oggi non bisogna usarla più. Acciderbolina, quanto possono dirsi più civili gli inglesi, ora che hanno smascherato e neutralizzato il razzismo in “Mary Poppins”. Va da sé che non soltanto i piccini possono essere traviati dai film. Pure noi adulti rischiamo, in un paio d'ore appena, di diventar persone orribili, o di rimanere traumatizzati da non riprenderci mai. Fortuna che i più saggi fra noi, e diciamo pure i più evoluti, hanno trovato il rimedio: i disclaimer. Per lungo tempo ai film è stato allegato un solo disclaimer a mo’ di protezione legale: «Ogni riferimento a persone esistenti è puramente casuale». Poi si è aggiunto «Nessun animale è stato maltrattato durante la lavorazione».

Oggi sulle piattaforme (e perché nelle proiezioni sul grande schermo no?) quasi ogni film è introdotto da disclaimer ad hoc. Spesso una raffica di disclaimer. Fai partire una antica commedia dei telefoni bianchi e, se leggi la lista di virtuose avvertenze, ti convinci d’aver cliccato su “Karin Schubert diffonde ancor più felicità del solito” o su “Sangue & Budelli - Massacro totale”.

Liste dettagliate, sotto cui si può leggere il (paradossale, tafazziano) consiglio a ripiegare su qualcos’altro, una puntata di “Don Matteo” dovrebbe andar bene e però non ci giurerei, e manco sui “Teletubbies” a ‘sto punto: Tinky-Winky sarà davvero così innocente, così innocuo? C’è un disclaimer per tutto, e per ognuno. «Immagini di ferite», «Nudità», «Nessuna nudità ma abiti che qualcosa indovini», «Sigaretta a ore 11 nella sequenza alla stazione», «Inclusività insufficiente», «Attività fisica quasi assente», «Dieta non salutare e nemmeno sostenibile», «Coppia sbilanciata», «Distanza di sicurezza non rispettata», «Non è borotalco», «Linguaggio inappropriato», «Linguaggio ancor meno appropriato del film che hai visto ieri: una bestemmia nitida e un'altra si intuisce», «Scarsa empatia e resilienza migliorabile», «Paracadutismo», «Mancata applicazione di rivestimento morbido sugli stipiti delle porte, il mignolo del piede destro ne paga le conseguenze». «Colla vinilica». Quando la moda disclaimer è deflagrata, un po’ ci ridevo e un po’ mi arrabbiavo. Ora sghignazzo e basta. Se qualcuno vuol passare la vita a metterci in guardia dall’arte, affari suoi, un’alzata di spalle e ce ne sbarazziamo. Se qualcuno lo offende pure “Mary Poppins”, si goda le fiction Rai, si goda i Teletubbies, Tinky-Winky è davvero un tenero piccino, mi scuso per aver adombrato il contrario. Saluta sempre: «Ciao ciao». (Lo sceneggiatore dei Teletubbies, che mestiere invidiabile, paginate di «ciao ciao» e di «oooh» di meraviglia. E ti pagano).

*Opinionista e critico cinematografico

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